domenica 15 dicembre 2013

Quattordicimilaseicentogiorni


Musica consigliata: "We might as well be strangers", Keane

"A voi che siete sposati l'Evangelo chiede di vivere il matrimonio nella fedeltà fino alla morte, per non smentire il Dio fedele che ha sancito la vostra alleanza. Nel ricordarvelo la chiesa ve lo dice piangendo e mettendosi in ginocchio davanti a voi. Non ve lo dice con arroganza, non vi presenta una verità che abbaglia o umilia, ma ve lo dice perchè l'ha detto Gesù, il suo Signore. La chiesa vi supplica: restate fedeli l'uno all'altra nell'amore che non viene meno. Se tra di voi intervenisse il divorzio, voi non raccontereste più il Signore fedele, ma un Dio che viene meno. Restate aperti alla vita, a colui che viene, anche inatteso o inaspettato. Solo l'egoismo tiene le porte chiuse. Come potete non celebrare il vostro amore creando, cantando e testimoniando la vita? Il vostro matrimonio, la vostra famiglia rappresentino la comunione e l'amore fedeli a cui ogni uomo, credente o no, anela con tutto il cuore" (Bianchi E., Da forestiero, Casale Monferrato, PIEMME, 1995)

Avreste potuto essere anche estranei in un'altra città. Avreste potuto vivere anche in mondi diversi. Avreste potuto nascere anche in un altro tempo...ma ci sono episodi, destini e congiunture straordinarie che selezionano e governano ogni unione. Non ci sono spiegazioni particolari. A noi non resta che seminare ringraziamenti nel cielo di tramontana, tra le donne e gli uomini oggi vestiti di stelle, da sempre custodi dei vostri quarant'anni di amore paziente.

Auguri mamma, auguri papà, auguri mamma e papà.
Quattordicimilaseicentogiorniinsieme.

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domenica 1 dicembre 2013

Finché pre-filmino non vi separi!


Musica consigliata - Canto d'ingresso: "In questo anno di non amore", Max Gazzè

Il matrimonio è un sacramento in crisi. Dati alla mano, se in Italia nel 1995 si celebravano 5.1 matrimoni ogni 1000 abitanti, oggi se ne celebrano 4.2. Meno che in Francia (4.3), Germania (4.5) e Spagna (4.8) (Dati Eurostat). In Inghilterra su 44 milioni di adulti britannici, 22.3 milioni non sono sposati, 17.8 milioni dei quali sono single e 4.5 milioni sono divorziati o separati in via di divorzio. Nel 2031 i coniugati saranno solo il 40% della popolazione mondiale. In Italia, secondo il sociologo Marzio Barbagli, si stanno affermando con ritardo forme di relazioni di coppia che ammettono la possibilità di un fallimento senza traumi, il modello del "provando e riprovando". Potrei continuare, ma invito a leggere l'articolo di Repubblica del 13 Ottobre scorso, in sostanza le coppie sposate sono ormai una minoranza.
Il matrimonio, dunque, è un sacramento in crisi. Aumentano vertiginosamente le separazioni e i divorzi, dati allarmanti che sanciscono sempre più che i matrimoni sono tentativi di unione piuttosto che certezze di unione. Si arriva all'altare con tanti di quei "ma" che, solo ad ascoltarli, potresti rabbrividire. "E' bello, ma è stupido...", "E' un gran lavoratore, ma è tirchio!", "Sarebbe un buon padre, ma è un pessimo amante", "E' un fannullone, ma è generoso", "E' affascinante, ma non sa mettere due parole l'una dopo l'altra", "E' un avventuriero, ma troppo spericolato", "E' capace, ma disordinato", "E' bravo, ma troppo religioso". Presumo che lo stesso giro di "E', ma..." si possa registrare in una litania al femminile. 
La mia analisi, divertente e grossolana, conferma la crisi del matrimonio ma, al tempo stesso, rileva il suo configurarsi come un'industria in grande spolvero. Si, l'industria del matrimonio ha i suoi fatturati alle stelle. Astri dove vengono proiettati i sogni di tante coppie abbagliate dal luccichio di una cerimonia senza eguali nel giorno più importante della loro vita. Sarò chiaro, abbiate "fede"!.
Proviamo a radiografare un matrimonio qualsiasi celebrato dalle mie parti secondo rito cattolico. Le chiese sono sempre più vuote. Il fatidico "Si" non interessa ai più, al massimo interessa il lato emotivo, se e quanto hanno pianto gli sposi nel pronunciarlo. Gli invitati arrivano in ritardo, giusto in tempo per afferrare un sacchetto di riso da scagliare con violenza, o si presentano direttamente nel locale del ricevimento, in prima linea al banchetto del bouffet di benvenuto. 
In chiesa il commento principale è destinato all'abito della sposa (ma dove si crede di stare, alle sfilate di Parigi? che scollatura irriverente!, è un vestito bianco sporco tendente al panna scarico di beige, visto e rivisto, l'ha comprato ai saldi, i genitori dello sposo hanno detto che se voleva il top del top la spesa era metà e metà, lo strascico arriva in piazza Lama, è arrivata la regina!, troppo corto, etc.) e all'omelia del prete (troppo lunga, non ha detto che gli sposi si sono conosciuti da piccoli, però è un po' pesante, non credi?, non è profondo, bla bla bla). Se si superano i 35°C, i commenti solitamente si raddoppiano. Si triplicano oltre i 40°C. I parenti della sposa da una parte e i parenti dello sposo dall'altra. Generalmente manca uno zio, situazione che scatena la creatività delle pettegole di turno che, in barba al sacramento che si sta celebrando, fremono per lanciare lo scoop. Così stuzzicano la vicina dicendo: "Ma...vedo che manca lo zio della sposa...chissà come mai!". La vicina, nella sua ingenua onestà, si accerta che effettivamente manca lo zio della sposa e ribadisce: "Già, lo sai che non ci avevo fatto caso, sarà in ritardo!". Al che, ad assist fornito, scatta l'affondo della prima: "Come, non sai niente, che si sono scannati per l'eredità, sapessi sapessi...se si fosse presentato oggi si sarebbe scatenato il putiferio, gentaglia signora mia, gentaglia...". 
I fotografi sono i veri protagonisti di un matrimonio. Ogni matrimonio è una grande messa in posa, di spontaneo c'è pochissimo. Si chiede agli sposi di recitare una parte, affinchè un giorno tutti possano ricordare su carta patinata un momento non veramente vissuto. Perchè di questo si tratta, un momento prelevato all'essenza e svenduto all'apparenza. Si passano notti intere, ormai, a guardare i filmini e gli album fotografici degli sposi, confezioni multimediali di pregio con cast d'eccellenza, ma senza scatti di amore autentico. Un discorso a parte meritano i cosiddetti pre-filmini, le cui radicali esasperazioni riguardano ormai anche le cresime, i diciotto anni, il primo karaoke dell'aspirante Gigi o la prima sfilata dell'aspirante Naomi, etc. (vedi casi Campania, Sicilia, etc.). Il pre-filmino è una trovata abbastanza recente. Cos'è un pre-filmino? Un giorno finto passato a fare cose che non hai mai fatto, perchè la poesia non la coltivi veramente dentro di te durante l'anno, ma improvvisi di averla a pochi giorni dalla sacra unione. E così scopri sorrisi smaglianti in riva al mare, il pianto di turno sulla consolle d'epoca accanto a un mazzo di fiori magicamente comprato per l'occasione, l'abbraccio con un genitore che magari neanche saluti al tuo ritorno dal lavoro, la puntuale lacrimuccia sulla guancia nel rimembrar i ricordi di quella casa, lui che disegna un cuore sulla sabbia o lancia un aquilone su distese di prato verde...ma vi rendete conto? E tutto ciò ripreso come fosse un film. Questo prodotto, solitamente, finisce per essere mandato in onda nel corso del ricevimento, per chiedere un po' di considerazione al mondo e per dichiarare che Pippo e Pippa sono veramente innamorati. Io non capisco, davvero.
Parliamo ora della macchina d'epoca o dei superbolidi. Pochi di noi possono permettersi una Isotta Fraschini o una Maserati. Io ho perso un amico in Basilicata che andava a ritirare una Ferrari sulla quale far viaggiare il fratello e la promessa sposa. Lo spreco di denaro per una zucca di Cenerentola contemporanea sfiora l'assurdo. E poi, è più bello farsi trasportare dal cocchiere in un abitacolo rivestito in foglia oro o guidare la stessa macchina che ogni giorno ti conduce fedelmente al lavoro, che si sporca della tua quotidianità, che vive la tua vita reale? Con accanto la stessa persona con la quale prenderai i bimbi dai nonni o comprerai il pane quotidiano? E' molto più romantico un fiocchetto sul mio catorcio che l'odore del pellame di una limousine ripulita con prodotti chimici. E' qui il cuore del mio discorso. Sposarsi dovrebbe essere un gesto di grande normalità, l'eccezione è nell'amore, non nelle cose che lo vestono per accrescere stupidamente il nostro tasso di originalità e la nostra ambita scalata sociale.
I matrimoni vanno organizzati quanto più lontano possibile. E' la regola. Preferibilmente in un posto in cui non si è sposato ancora nessuno o si sono sposati in pochi. Il pranzo o la cena sono la solita minestra, è il caso di dirlo. Trionfo di cicorie su letto di fave con aromi di palissandro nano in salsa afromediterranea lenta. I menù sono peggio delle poesie futuriste. Anche i menù non sono sinceri, in questo giorno. Lo spreco di cibo è una costante. Un tempo i ricevimenti nuziali avevano ragion d'essere perchè la gente aveva un accesso al pasto completo molto limitato. Oggi ogni domenica si mangia a livelli matrimoniali e questi eventi sono solo palate di bolo per intestini obesi e annoiati, come canterebbe Niccolò Fabi.
L'elenco degli invitati viene ratificato dal prezzo a persona. E' un gioco misero di compromessi parentali, economici, di amicizia, di lontananza, di contropartite. Così scopri che si invitano coloro che, potenzialmente, dovrebbero gonfiare le buste più della media, gli amici degli amici affinchè si creino le giuste complicità di tavolo, quelli che ti hanno invitato prima e per i quali è d'obbligo il contro-invito, quelli geneticamente predisposti a commentare in piazza i fasti delle nozze.
L'assegnazione dei tavoli è un esercizio attivato l'anno prima. E si sbaglia sempre. Non credo che in futuro avrò tempo per organizzare i tavoli del mio matrimonio. Mi piace la libertà, sempre e comunque. I matrimoni vanno naturalmente animati, la sposa deve ballare almeno un lento con il padre, il ballo di gruppo è essenziale per gli aspiranti Watussi (Siamo i Watussi, sia-a-mo i Watussi...); il volume della musica alla fine accontenterà gli iscritti alle scuole di ballo e rovinerà il matrimonio ai parenti anziani che hanno rinunciato alla conversazione con il cugino lontano che non vedevano da secoli. Nel frattempo trascorrono i giorni tra una portata e l'altra, i matrimoni iniziano e forse non finiscono mai. Interessanti le dichiarazioni strappalacrime dell'ultima ora. Io nei matrimoni amo solamente l'anarchia dei bambini, mi sembrano gli unici in grado di restituire un po' di realtà al flusso degli eventi. Una volta mi è capitato di vedere il caposala interrompere la corsa della sposa verso un'amica che non vedeva da cinque anni, giunta da lontano per il suo matrimonio. Doveva infatti salire sulla scala di Via col Vento e salutare gli invitati al suo cenno. Cioè?!? Io rinuncio a una persona così importante perchè tu, figlio di Maria De Filippi, mi devi dire cosa devo fare nel giorno del mio matrimonio? Ou?
Spesso i matrimoni sono un grande spreco. Studi recenti hanno calcolato che la spesa media per l'evento varia dai 20 ai 50 mila euro, al Sud (dicono) si arriva anche a punte di 100 mila euro. Ora, ognuno è padrone dei suoi risparmi, ma facendo i conti della serva alcune coppie consumano circa 8 mila euro all'ora (un matrimonio di questo tipo dura in media 12 ore). Per fare cosa? Per salire su un'automobile non di loro proprietà, ascoltare "Acqua e Sale" registrata su una base musicale scaricata male da Torrent e mangiare una porzione minima di trionfo su letto con aroma in salsa di? In barba alla crisi, al senso cristiano di una unione, alla gente che quel matrimonio lo potrà solo immaginare...Non ci siamo.
Molti amici contestano le mie teorie, affermando che i matrimoni generano posti di lavoro. Io rispondo con uno dei concetti chiave della meteorologia, ovvero che le alluvioni non servono a rimpinguare le falde. Sono le piogge leggere a garantire riserve d'acqua e livelli di sicurezza nei pozzi. La nostra economia non ha bisogno di somme concentrate nelle mani di pochi grazie ad eventi sporadici, ma di imprese che riducono la stagionalità dell'occupato e garantiscono la crescita nella continuità.
Chiudo con le bomboniere. Il nome "bomboniera" è uno di quei pochi vocaboli che anticipa in me un principio di orticaria e non vi nascondo una certa paura ogni volta che apro una scatola con chiusura di confetti. Forse è il momento in cui prego di più, "Signore evitami l'ennesima bambola di porcellana o il sedicesimo fratello di Pierrot, evitami il mestolo di oro zecchino o la coppia di angeli con la bocca perennemente aperta, naturalmente dipinti a mano e certificati". Le bomboniere sono il ricordo che completa il disastro. Il disastro di una contemporaneità che produce oggetti inutili per angoli di abitazioni pullulanti di stronzate. Dio mi perdoni, ma è quello che penso. Con il budget delle bomboniere si potrebbe restituire colore alle aule scolastiche dei nostri figli, regalare nuove tecnologie di supporto alla didattica, riparare infissi, riempire di attrezzi le palestre e di strumenti i laboratori musicali. Potremmo regalare libri ai genitori che ogni anno elemosinano con dignità un prestito o vacanze studio a chi l'inglese lo sentirà parlare sempre dai figli di papà.
Ho partecipato a diversi matrimoni nella mia Europa. Ungheria, Germania, Spagna, Inghilterra...anche in Albania, dove durano in media tre giorni. In tutte queste cerimonie ho percepito sempre una grande sobrietà, e la sobrietà è madre della classe e dell'eleganza. L'Europa mi ha insegnato che un vero matrimonio non è frutto di un calcolo basato sulle possibilità economiche, ma un momento di grande e genuino raccoglimento attorno a due sorrisi.

Mia nonna, ne sono certo, non ha mai fatto la comparsa in un pre-filmino. Ha rinunciato allo zucchero per diversi mesi, nascondendolo al ratto dei fasci e cullando ogni giorno il sogno di farne ingrediente per dolci di pasta di mandorla, unico omaggio culinario di quel lontano ricevimento. Si sposò con sobrietà, aprendo le porte di casa ai passanti. Il suo viaggio di nozze a Napoli fu rinviato per sempre a causa della guerra. Era l'Aprile del 1945 e si era molto più saggi e felici.

Io so che segui divertita questo blog e che dentro di te conservi sempre la speranza che ci sia un piccolo pensiero dedicato a te. Ricopio il biglietto scritto da una mia amica lettone al suo ex-ragazzo, consegnato dopo anni di dolorosa e necessaria separazione nella notte di San Silvestro: "Io e te abbiamo già fissato la data. Ora non resta che conoscerci".

Io credo nel matrimonio. 
Glorificate il Signore con la vostra vita. Andate in pace.



And you comes to me, like a summer breeze...
How deep is your love? / I really need to learn,
'cause we're living in a world of fools / breaking us down,
when they all should let us be / We belong to you and me. 

E tu vieni da me come una brezza d’estate...
Quanto é profondo il tuo amore?/ Devo veramente impararlo
perché viviamo in un mondo di pazzi / che ci deprimono
quando loro dovrebbero lasciarci stare / noi apparteniamo a te e me.


Musica consigliata - Canto finale: "How deep is your love", Cristina Donà

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lunedì 14 ottobre 2013

La fretta non è di Dio


Musica consigliata: "Cara", Lucio Dalla

Nemi, provincia di Roma. Sono le quattro e ti sento perlustrare la stanza, alla ricerca d'acqua, mi dirai il mattino dopo. La fontanella sotto la finestra regala acqua perpetua, ma forse hai paura a mettere piede là fuori col tuo bel pigiama grigio. Questo B&B è un'abitazione del Seicento, all'ingresso tracce di una iscrizione latina su marmo bianco solcata dall'azzurro intenso di una pitturazione posticcia. Stiamo bene, qui. E' uno spazio intimo e molto romantico, quasi quanto la torre che compare e scompare sotto nugoli di vapore acqueo o quanto i gatti di questo cortile in pausa sui cofani ancora caldi delle auto appena parcheggiate. E' ottobre, un mese ancora da decifrare per quanto mi riguarda. Come l'iscrizione latina all'ingresso di questa abitazione. Ho smarrito una serie di punti fermi, in questi giorni. Ci sono delle settimane che nascono davvero male. E la cosa peggiore è che non sei stato tu a partorirle la domenica. Senza volontà e senza travaglio, ti trovi a dover gestire figliocci improvvisati carichi di sorprese. E così si frantuma un'amicizia, si congelano i varchi che la tua ipocondria aveva riaperto, l'Europa si indebolisce e con sè i miei programmi futuri comunitari. La perdita di un'amicizia è il motore principale del malessere, segue la fine dell'epidemia sul tuo posto di lavoro, chiude l'incapacità della cara Europa di aprirsi con convinzione ai disperati che bussano alle sue porte (via mare e non solo). La vita è fatta di fenomeni migratori. Anche la nostra stessa esistenza è un perenne attraversamento di sogni e di delusioni, che migrano con molta più facilità nelle persone particolarmente ospitali nei confronti dei pensieri. Perchè i sogni e le delusioni altro non sono che pensieri. Su questo comodino di fine ottocento ho una raccolta di poesie di Pessoa. La porto spesso con me quando devo acquietarmi, in ogni viaggio trovo nelle sue parole alcune semplici risposte. Scrive che gli dèi sono dèi perchè non (si) pensano. Vivere divinamente equivale quindi a vivere senza pensieri, guai a trastullarsi troppo nei giorni che ci restano. Persone sensibili e artisti in genere sono avvisati. Anche mia madre collabora in questa parentesi di riflessione, il suo invito via sms a lasciare il mondo fuori dal proprio io è un picco inaspettato di collaborazione telepatica. La settimana, comunque, sta per finire. O meglio l'ho uccisa sulle rive del lago. Lo so, neanche il tempo di evitare l'ingresso dell'AFD tedesca in parlamento, che già la signorina Marine Le Pen (nome e cognome sono una garanzia, fateci caso) è in testa ai sondaggi francesi per le prossime elezioni europee. Ma arresteremo anche te, anche voi, non si preoccupi figlia del fronte nazionale. Non mi resta che ringraziare la bella famiglia romana che ci ha ospitato oggi a pranzo, la cantina di Rieti dove ho imparato che l'argento si compra, ma l'oro si aspetta, il sacerdote che mi ha inculcato che la fretta non è di Dio. La pazienza è una virtù, anche se l'attendismo ammazza. Nemi è la città delle fragole. Un frutto molto plastico, a volte così perfetto da sembra artificiale. Mi fai ascoltare la tua playlist, "Favola" di Finardi accompagna i titoli di coda di una sette giorni vissuta da uomo del duemila, mentre ti osservo galleggiando in un lettone di lana. Penso che un giorno scriverò un'ode alla morbidezza, "...adesso spengo la luce, e così sia".

"Conosco un posto nel mio cuore dove tira sempre il vento..."

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lunedì 16 settembre 2013

Mille giorni di te e di UE


Musica consigliata: "A Thousand Years", Christina Perri

Questo babyblog ha raggiunto e superato in questi giorni le mille visualizzazioni di pagina. Va bene, lo ammetto, agli inizi non conoscevo la casella di spunta per non conteggiare anche le mie. Ma, ai fini statistici, non siamo oltre il 5% delle visualizzazioni personali. Ho parlato poco d'Europa in questo anno e molto delle mie sensazioni personali su come girava il mondo (e non solo il mondo...) in quell'istante. Pare che Gesù di Nazaret abbia pronunciato la famosa sentenza "Mille e non più mille...", sentenza che porta bene visto che siamo già tredici oltre i non più mille. Ritorno alle scuole elementari, quando ci raccontavano il passaggio dall'Alto al Basso Medioevo trasferendoci l'idea che quel 31 Dicembre del 999 il mondo intero era pronto alla sua fine. Studi recenti hanno dimostrato che in molti comuni delle isole e dell'Appennino, la gente che diventava a sua insaputa di nazionalità italiana non sapeva neanche che fosse nell'anno 1861. Figuriamoci se le popolazioni del tempo si radunavano in preghiera nel 999 per salutare lacrimando tra le cere fuse di una chiesa la fine del primo e ultimo millennio d.C. del pianeta Terra. Le favole, comunque, sono belle e si ricordano anche più facilmente.
Questo blog, dicevo, tornerà a parlare d'Europa, di amicizia e di viaggi, meno delle mie vanità, dei miei sentimenti, delle donne che piangono nei miei uffici e dei fermaglietti che restano impigliati nelle retine dei sedili. E cercherò di essere meno serio del solito, in fin dei conti avete ragione...puoi ascoltare Guccini e De Andrè, viaggiare con il trip hop di Bristol insieme a Massive Attack e Portishead, chiederti se hai mai visto la pioggia arrivare improvvisamente in un giorno di sole o diventare corpo liquido attraverso i bassi del Bimbo A! Ma, ogni tanto, al ritorno dal mare, cantare a squarciagola un po' di Baglioni fa bene a tutti...e allora auguri, caro blog, mille giorni di te e di UE!

"I have died everyday waiting for you/Darling don't be afraid I have loved you/For a thousand years/I'll love you for a thousand more" (Sono morto ogni giorno aspettandoti/tesoro non aver paura ti ho amato/per mille anni/e ti amerò per mille anni ancora)

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sabato 14 settembre 2013

Tutte 'ste cartacce

Musica: "Korogocho", Luca Francioso

Non ne posso più. Non è tanto per dire: davvero non ne posso più! Non ne posso davvero più di questa marea di carta che ingolfa la mia cassetta della posta. Sprecata. Carta sprecata e anche male, per giunta, di sopra… tutta ‘sta cartaccia che nelle due ore passate da quando lascio casa per andare a sorseggiare una cosa fresca con gli amici fino a quando non torno alle 13.30 per il pranzo mi impattumano nella mia bella, squadrata e massiccia cassetta postale dove attendo mensilmente “Quattroruote” e “Al volante”.
Allora, vediamo per cosa hanno sprecato carta e inchiostro oggi: dunque… offerte Ipercoop, offerte Esselunga, offerte Auchan (Offerte? Cavolo, il nuovo S4… lo prendo, tanto l’S3 ce l’ho ormai da già tre mesi!), apre una scuola per parrucchieri, apre un’altra scuola per estetiste, apre un centro di formazione per operatori dell’ozio, qui vicino tengono un corso di perfezionamento per la stiratura di capi d’abbigliamento cinesi, nuova scuola di ballo dietro casa, ENEL luce e gas, carta verde – Ahi! Notifica giudiziaria – deve essere quel vermaccio che ci fece l’avvertenza ché non gli pagavamo i contributi, bolletta dell’acquedotto, AVIS donazione del sangue domenica prossima…(pure questi…), mobilificio “L’antica credenza”, una “Torre di Guardia” umidiccia e appiccicosa…insomma una caterva di cartacce.

Però, devo dire che risparmio un sacco di spiccioli grazie a questa ingente quantità di carta inchiostrata! Da un po’ di tempo infatti non acquisto più la diavolina per appiccare il fuoco che la sera cuoce lentamente le squisite grigliate che faccio con gli amici. Salsiccia, bistecche, “bombette”… ah! Che gusti sublimi. Quando finisco di arrostire la mia ricca porzione di carne mi accomodo, sparo via il cellulare sotto l’altarino che mia madre ha approntato vicino la porta della lavanderia (dove dunque passo il meno possibile) e inizio a sganasciarmi voracemente tutto quanto. Come dico sempre a mia madre quando la mando a fare la spesa… i soldi spesi per mangiare sono i soldi meglio spesi! Sfido chiunque a contraddirmi.
Che poi…bisogna trovarsi un interesse che permetta di ben comparire. Io ad esempio ho trovato un bar serio, fashion, che frequentiamo in pochi, tutti selezionati. Da ragazzo ho studiato un po’ poi mi sono seccato e con papà siamo andati a Napoli per diplomarmi perito agrario; poi ho seguito mio padre in ditta; sinceramente però non piace la puzza dei concimi e mo’ mi occupo di smistare la posta in arrivo a casa, dopo che mio padre una sera mi urlò “E almeno, figlio mio, una cosa in casa falla…”. Ma che me ne importa! Questi non capiscono che devono lasciarmi fare quello che voglio. Anche perché hanno il dovere di darmi quanto voglio…altrimenti…ci avessero pensato prima. Sto bene a casa. Mi godo la vita. E incendio cartacce. Con i volantini dell’Ipercoop e dell’Auchan metto fuoco per la salsiccia; con i pieghevoli della scuola per estetiste metto fuoco per i peperoni arrostiti; con la cartolina AVIS faccio fuoco per la bistecca al sangue… eh, spiritoso io, capita la battuta?! Insomma più carta c’è, meglio va il fuoco. Il resto non mi interessa, non mi riguarda. I tg? Li guardo verso la fine, allo sport e al gossip. Ho bisogno di rilassarmi dopo una giornata e prima di uscire verso le 23! Posso mica tritarmi il cervello con spread, guerre prossime, Giorgio Napolitano e Barack Obama? Per non parlare poi della cronaca sullo stato di salute di Nelson Mandela o sulle telefonate di papa Francesco! L’altro ieri per esempio, mentre ingozzavo di nafta la mia superlativa Audi A8, due loschi tizi si sono avvicinati chiedendomi un’offerta per la festa di San Giuseppe. Uno mi ricordava mio zio Ruggero che ha tirato le cuoia senza lasciarmi nemmeno un paio di ettari di terreno; l’altro mi ricordava zio Gustavo, marito di zia Lella, che invece mi ha fatto trovare due assicurazioni sulla vita. Proprio per questo idilliaco ricordo d’amore familiare non gli ho assestato due calci nel didietro ma li ho congedati bonariamente con un discreto: “Scia’ rumpiti li šcatuli a ‘nn’atra vanna”. Ecco vedi, questo è il guaio: la gente chiede, chiede e non vuol provvedersi da sé. Ti invade per avere da te, ti riempie di complimenti, elogi, fino ad arrivare a spedirti carte a casa per proseguire a chiederti di raggiungerla e spendere. E cavolo.
Vogliono tutto da noi. Ma ormai io ho inteso l’antifona e quindi possono zampettare al largo. Qua…ci abbiamo messo tanto per arrivare dove stiamo! I soldi per mantenere la mia A8 a mio padre non li regala nessuno! Che poi siamo pure generosi. Ad esempio il mese scorso per festeggiare i miei 35 anni ho affittato tutto il “Discovery Pub” e ho offerto cibo e alcool a una settantina di amici, tutti della mia cricca massiccia; ma eravamo solo noi, bella gente, amici e ragazze per tutti; e senza dover aspettare il turno di niente perché quando esci cartamoneta verde e violetta non puoi aspettare. Quella sera ho inquadrato una tipa proprio criminale, bella, fuori di testa. Non la conoscevo, onesto, chi fosse non sapevo. Eppure il locale era tutto per me, per noi, per la mia festa insomma. Imbucata? Eh no, alla mia festa solo gente di una certa classe. Però dai, questa era carina: potevo tenerla. Penso velocemente come agganciarla. Mi avvicino, vado, mi lancio. Ci siamo scambiati due parole, lei era lì per lavorare. Bah, va bene lo stesso. Le dico che papà ha la ditta e io ho l’A8. Lei segna il mio numero. Dice che mi chiamerà entro un paio di giorni.

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Cavolo due giorni sono passati e lei, Azzurra, ancora non mi ha chiamato. Com’è? Forse non ha segnato bene il mio numero? O forse non ha capito che ho l’A8? Attendo da stamattina; pensa che non sono andato nemmeno a sgargarozzare nulla di fresco al bar, non ho nemmeno fatto in tempo a svuotare la cassetta della posta per fare spazio a “Quattroruote” e “Al volante” che dovrebbero arrivare in questi giorni. Non mi chiama. Sono le 20.00 e non mi ha chiamato ancora. Che faccio? Torno al locale?

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Musica: "What Can I do", The Coors

Mi ha chiamato Azzurra. Mi ha chiamato poco fa. La sua voce è bellissima. Credevo che volesse uscire stasera invece mi ha detto di raggiungerla domenica all’Ufficio Sanitario. Dice che c’è la donazione del sangue. Io per non scomparire ho detto che una volta mi era arrivata a casa una cartolina sulla quale c’era la scritta AVIS, dona il sangue e cose del genere. Però ora non la trovo più… lei mi ha detto: “Ah, ti mandano pure l’avviso? E come mai non sei mai venuto?” ma io che ne so, non ho saputo dirle niente. Domenica andrò da lei, ma ovviamente la prendo e la porto via da lì per un giro con l’A8. Non è che rimaniamo all’ufficio sanitario a fare la beneficienza, la solidarietà, e tutta quella roba sfigata. Basta, io sto bene. Se poi ci sono problemi si pensa.

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Sono appena tornato a casa. Ho passato la mattinata con Azzurra in AVIS. Lei mi ha accolto con un sorriso splendido. Mi ha portato davanti un signore liscio e gentile che ha chiesto i miei dati. Poi Azzurra mi ha indicato un’infermiera che mi ha portato in una sala piena di bella gente, pulita, precisa. Mi sono sentito un po’ in imbarazzo. Ho pensato alla mia A8 per pomparmi ma non era sufficiente. Mi sono accomodato sul lettino e per la prima volta ho donato il sangue. Un po’ di paura, l’ago e tutta la cosa là… ma con me è rimasta Azzurra. Poi abbiamo fatto colazione insieme e verso mezzogiorno l’ho accompagnata a casa. Lei ha detto che sono simpatico e che crede sia un bravo ragazzo. Io lo credo un po’ meno. Ma oggi forse ho capito che posso guardare diversamente la mia vita. Ho amici e una bella famiglia; ma non è più vero che mi interessa solo di me, devo per forza vedere attorno cosa succede. Certo, non posso fare granché ma il mio piccolo impegno, il mio contributo non deve mancare. Come oggi che ho donato il sangue. Mi impegnerò, qualcosa la farò per gli altri. Magari tenendo la mano della mia Azzurra.

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Monologo a cura dell'associazione culturale “Il Pozzo e l’Arancio”, interpretato da Luca Carbone nel corso della VI Edizione del Concerto AVIS “Con la musica nel sangue!” - Cineteatro Salerno, giovedì 12 Settembre 2013.

domenica 1 settembre 2013

Non solo Settembre...


Musica consigliata: Jamie Cullum - You're not the only one

Chi mi conosce sa che ho una certa passione per la scoperta e per la catalogazione di attività commerciali il cui principale prodotto da vendere viene preceduto dalle parole "non solo". In anni di curiosa e libera ricerca, ho trovato veramente di tutto. Dagli inflazionatissimi "Non solo moda...", "Non solo sport...", "Non solo pane..." e "Non solo casa...", ai meno noti "Non solo edicola e giornaletti..." (Giornaletti? Di che tipo?), "Non solo pesce fresco...", "Dolci e non solo decorazioni..." (la mia preferita...). L'elenco potrebbe continuare all'infinito e forse continuerà sporadicamente in questo post. Mi chiedo, innanzitutto, se l'imprenditore di turno prenda una decisione così importante di sua iniziativa o se sia più o meno condizionato dalla diffusione di questo discutibile format. Premetto che le mie comiche analisi riguardano soprattutto il mio territorio, non ho alcun dato certo che i negozi "Non solo..." siano ampiamente diffusi anche al Centro-Nord o all'estero. La prima considerazione che mi preme fare è che spesso i negozi "Non solo..." chiudono prima del previsto. Non è certo colpa del nome, ma forse nel nome stesso si racchiude un certo fallimento iniziale dell'attività. Intitolare un negozio "Non solo mare...", ad esempio, mi fa presupporre che il titolare abbia le idee piuttosto chiare, ovvero che oltre a sandali, pagliette e costumi si possano trovare all'interno scarpe da trekking, picozze e snowboard. Se non è solo mare, sarà anche montagna. Magari in un negozio nel pieno centro di Taormina, Maratea, Castiglion della Pescaia e Vieste. Ed è qui che sorge il mio problema. Con il "Non solo...", l'imprenditore crede di lasciare aperta una porta alla curiosità del cliente; cliente che si determina già come occasionale e non da fidelizzare, perchè il cliente fidelizzato non ha bisogno di sorprese merceologiche. Lasciare aperta una porta significa ipotizzare l'ingresso di clienti potenziali non interessati al solo prodotto "Mare". Questo, spesso, si traduce in una non specializzazione dell'offerta e in una confusione generale particolarmente dannosa. Ogni prodotto, anche quelli non caratterizzati da particolare artigianalità o da alta innovazione, ha bisogno di essere accolto e presentato in un contesto tale da essere esposto come il re o la regina dell'offerta. L'oggetto del desiderio è uno, non può essere confuso tra i tanti. Ecco, i negozi "Non solo..." dichiarano fin da subito che la loro offerta è quantitativa e non qualitativa. E tutti sanno, o almeno spero, che il tempo degli oggetti da pescare nelle ceste e delle cineserie ammassate sugli scaffali ha gli yuan contati. E' vero, in periodi di contrazione economica, chi ha ancora il coraggio di investire nella distribuzione di beni fisici, deve cercare di coprirsi le spalle. Ma è anche vero che l'iperconcentrazione di attività analoghe non può consentire l'apertura di negozi così generici e senza identità come i negozi "Non solo...". Un giorno ho chiesto al signor "Non solo gelati..." cosa vendesse in più rispetto ai coni con palle al gusto variegato. Lui mi rispose che vendeva anche gelati in vaschetta e torte gelato. Quindi mi ha lasciato capire che per lui, il gelato, è solo il cono e che i clienti avrebbero dovuto capire da quell'insegna che c'era dell'altro. Nel frattempo, a pochi metri dalla sua saracinesca, apriva una gelateria che preparava gelati "solo" a forma di Emoticon. Sfere perfette con tanto di colori e smorfie differenziate. Il signor "Non solo gelati..." non ha retto la concorrenza in quella stagione e ha ceduto l'attività nel mese di Ottobre. Non bisogna circondarsi di esperti e consulenti. Bastano un po' di buon senso e di creatività.

Bene, per ora è tutto. Spero che l'autunno ci aiuti a riprendere in mano le nostre vite e a farne semplici capolavori. Spero che questo sia un mese diverso. "Non solo settembre..." :-)

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domenica 28 luglio 2013

Solvitur ambulando (Pensieri sulla via per Santiago)



Musica consigliata: "Walk of life", Dire Straits

"Far collezione di oggetti è una buona cosa, ma far camminate è meglio!" Citazione di Anatole France. E' una frase che ha cambiato profondamente molti dei miei punti di vista. Prima di leggere questa citazione, naturalmente, non conoscevo chi fosse Anatole France. Bene, far camminate è meglio. Siamo pronti, sono pronto. La mia età, in questo momento, è di circa tre anni. L'età giusta per capire il valore di una domanda dicembrina formulata ad hoc dai tuoi genitori: "Cosa vuoi per Natale? Un bel triciclo elettrico o che la nonna stia bene?". Ecco Ubaldo, vuoi un bel pacchetto di ferie a Panarea, Santorini e Formentera o vuoi capire te stesso?" A 33 anni è molto più facile rispondere. Soprattutto perchè di ballare accanto a ragazzi depilati in slip bianco trasparente sulle spiagge delle località sopra elencate, proprio, proprio, proprio non mi va. Comunque, miei cari, desidero la salute della nonna, quindi capire me stesso. Al diavolo la movida delle tre isole, la lascio a chi ha ancora bisogno di tornare da un viaggio e di riempirsi la bocca dicendo: "Cazzo, ou, spettacolo, non si può descrivere, Formentera spacca, si balla in spiaggia fino alle sette del mattino e si rimorchia da far paura" (capirai che novità, ditemi un posto nel mondo degli "splendidi" dove non si sia ballato fino alle sette del mattino e dove non si rimorchi così facilmente...). Senza ulteriori giri di parole, parto per fare il Cammino di Santiago. Il che non significa che il Cammino di Santiago sia una cosa per poveretti che sono costretti a massacrarsi i piedi per non sforare il budget di una vacanza low cost; probabilmente è un percorso parimenti inflazionato, per certi versi anche più profano e inquadrabile nella logica del turismo di massa. Ma ho bisogno di camminare. Davvero, davvero tanto. Ho sempre amato camminare. I nostri genitori fanno tanto per metterci in piedi da piccoli, per aiutarci a mantenere l'equilibrio in posizione eretta, a tener dritta la schiena, a insegnarci l'arte della deambulazione. E poi, come li ricambiamo? Dimenticando come si cammina e vivendo schiacciando (male) un po' di pedali, in un perpetuo quanto logorante gioco di tensione per i nostri tendini. Camminare è un'arte infinita. Chi ha veramente personalità, al giorno d'oggi, cammina e non guida. Ma la mia avversione per l'automobile è così nota che rischierei di ripetermi e di non avere parole nuove per questo mio blog.

La gente non sa più camminare. Quasi tutti i piedi contemporanei soffrono un'impietosa balbuzie fisica, il passo è incerto, le suole si consumano asimmetricamente, le ragazze oscillano su calzature funamboliche. Io potrei innamorarmi del solo portamento di una donna, qualità rarissima direi. Ma il cammino, il vero cammino, es el que cada uno va haciendo por dentro. E quello, in realtà, potremmo farlo ogni giorno senza consumare quintali di kerosene per condurci in volo fino a Madrid. La nostra quotidianità, però, non ci consente pause di riflessione oltre le quattro ore, quindi vado in ferie per camminare e per riflettere quanto basta, passo dopo passo per sedici giorni di fila. Non ho mai fatto duecentodieci chilometri a piedi. Ogni tanto provo a darmi dei punti geografici di riferimento, grazie ai quali capire la portata potenziale della mia azione. Ecco, mi chiedo, se partissi dal mio paese, dove arriverei a piedi dopo duecentodieci chilometri? Non trovo risposte immediate, o meglio non desidero trovarle. Perchè il mio cammino avrà veramente compimento dentro di me, non in un'architettura sacra attraversata da un incensiere gigante che gioca a fare il pendolo. Non ho mai percorso l'Europa per devozione, penso. Eppure dalla Francia al Portogallo, dalla Polonia alla Bosnia, potrei raggiungere luoghi mariani di altissima spiritualità. E immagino che questo percorso prevalentemente gallego non salverà la mia anima, nè mi vestira degli abiti del pellegrino penitente. Mi ripulirò, certamente, sottraendomi, come faccio ogni giorno della mia vita. Ma da qui a dire che rinascerò a vita nuova è veramente troppo. E allora potevi andare a fare il giro dei Paesi Bassi in bicicletta, se l'unico vero obiettivo era quello di aprire alla vista qualche panorama diverso con un po' di tempo libero in più. No. Io voglio fare il Cammino di Santiago. Per conformarmi a un mondo che lo fa. E scendere finalmente in mezzo agli altri, abbattendo la mia innata superbia. E condividere una volta tanto le mie debolezze. Per mettermi alla prova. Il mio amico Dario Sorgato mi ha insegnato molto sulla via del Cammino. Coelho mi è piaciuto di più in materia di diavoli e signorine (grazie Luana! ;-). Il comico tedesco Kerkeling è andato a fare due passi, descrivendo senza particolari stravolgimenti romantici un normale percorso collettivo verso un obiettivo comune. Anche io scriverò molto in quei giorni, e scriverò nel linguaggio dettatomi dai passi. Dalla fatica del procedere e dal sollievo delle pause. Dagli sguardi dei miei compagni di viaggio e dei miei figli che dall'alto aspettano un cenno di risoluzione da un padre troppo amante del movimento. Un proverbio moresco dice che chi non viaggia non conosce il vero valore degli uomini. Io amo questo proverbio. E camminare per regioni bagnate dall'Atlantico in mezzo a moltitudini di pellegrini, disabili, sportivi e gente comune riempirà il mio zaino di tonnellate di valori. Qualcuno mi ha suggerito di portare compresse di calcio e magnesio. Ringrazio, ma più che integratori, preferisco portare con me alcune persone e pregare con e per loro.

Pregherò per le vittime del treno deragliato pochi giorni fa. Per chi non dorme, per chi continua a devastare le campagne con i suoi sporchi rifiuti, per i politici senza visioni di lungo termine, per l'abbattimento della terza porta ancora da costruire, per gli anziani che un bel giorno hanno visto le loro case di campagna derubate di porte e cancelli, rischiando infarti multipli a causa di qualche decina di euro guadagnata grazie al commercio illegale di materiale ferroso. Pregherò per le coppie che non sanno più parlarsi, o meglio lo sanno fare solo dall'auto al carrello della spesa, in quei 20-30 metri di asfalto dell'ipermercato che li separano dalla vera gioia della vita, il consumo. Pregherò per i miei colleghi più stretti, veri professionisti che mai avrei immaginato di conoscere o di accogliere in questa terra.

Pregherò per i giovani che non sanno essere protagonisti, che non si sentono parte attiva di un cambiamento e che non sanno indirizzare le loro vite, ma solo commentare il mondo su fb con le parole di Michele Misseri e Francesco Schettino. Ogni santo giorno. "Ho stato io a fare il Camminamento di Santiago!", vi basta? Pubblichiamo? Che dite? O iniziamo a fare passeggiate, a dipingere il mondo, a piantare qualche albero, a coltivare un ortaggio, a potare una rosa, a restaurare un divano prelevato da una discarica, a leggere un libro, a dipingere un cancello arruginito, a rivalutare i Cure, a scendere sotto i 10 secondi in una cento metri, a restituire un po' di decoro a noi stessi e all'ambiente che ci circonda?

Pregherò per noi due, affinchè il Signore ci dia il coraggio per interrompere l'irrigazione della nostra pianta artificiale che, per quanto verde, non potrà mai crescere come si confà ad una coppia che aspira ad essere tale.
E pregherò per te, affinchè tu possa acquietarti e fidanzarti con l'uomo migliore che sia possibile trovare in questa fetta di universo e continuare a pubblicare la tua vita sui social network, magari con voi due in posa che bevete un drink in piazza sommersi da una caterva di "Mi piace" (che ci fanno sentire più considerati) e da commenti originali del tipo "Bellissimi, splendida coppia..."!
Pregherò, infine, perchè qualcuno tenga sempre accesa la mia ribellione silenziosa e mi aiuti a completare la graduale liberazione dalla sindrome di Geremia. Basta lamentazioni, basta.

E' tempo di spegnere ogni dispositivo elettronico. E' tempo di partire, in silenzio, zaino in spalla. E' tempo di elaborare nuove idee derubandole a orizzonti sconosciuti. E' tempo di cancellare il superfluo. E' tempo di ringraziare qualche custode con le ali per aver sempre scelto al mio fianco. Una direzione, giusta o sbagliata che fosse. Solvitur ambulando, camminando si risolve.

Grandi sono le sue opere/sono splendore di bellezza/le contemplino coloro che/le amano con tutto il cuore. Datemi una conchiglia, ora. Arrivederci.


"And after all the violence and double talk/There's just a song in the trouble and the strife/You do the walk, you do the walk of life" (e dopo tutta la violenza e le discussioni/resta solo una canzone nel disordine e nei litigi/tu cammini, tu hai fatto il cammino della vita).

Post liberamente dedicato ai miei compagni di viaggio: Antonio, Daniela, Doris. Le citazioni di questo post sono tratte da "Le vie dei canti" di Bruce Chatwin. Lettura consigliata: "Tempo Lento", di Dario Sorgato, Edizioni "Il Filo", 2008


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domenica 9 giugno 2013

Grundtvig

09 Giugno 2013

Ho molte confidenze da fare. E anche una valigia. Domani entrerò nell'era Grundtvig. Dopo Erasmo l'olandese e Leonardo l'italiano. Quello che mi attende è una prestigiosa università ceca, in una graziosa città ceca. I miei amici boemi mi verranno a trovare. Per sorridere un po' sui tempi trascorsi in riva all'Exe o per le preghiere notturne sotto il diluvio universale della GMG di Madrid. Verranno da tutte le parti. Catchphrase from a czech comedy play: everyone wants to live in České Budějovice. Tutti vogliono vivere a České Budějovice, recita una famosa fiction ceca. Un motivo ci sarà, lo scoprirò. Oggi ho visto una volpe all'imbrunire nascondersi nel grano. E ho sentito per la prima volta i profumi di Giugno, quelli che introducono l'estate e per certi versi la vestono di infinite aspettative. Caldo, pace, relax. Le amiche del mio cammino sono andate al mare. Pasquale ha già un anno in bacheca e tutta una vita davanti. Sant'Irene e già passata, con sé le luminarie che un tempo dispensarono amore. Continuo a non fidarmi di te, mi spiace. I giochi con le carte mi annoiano. Sono tremendamente poveri. Tra pochi giorni sarà la giornata mondiale del donatore di sangue e vorrei celebrarla col megafono nelle mie piazze. Perchè l'emergenza estiva prima o poi si ripresenterà. E qualcuno chiederà trasfusioni per tornare a vedere il mare. Ma l'Europa mi chiama e mi salva ogni volta dalla grazia o dal tedio a morte del vivere in provincia. Ecco, il pre-Grundtvig è una canzone quasi d'amore cantata prima di atterrare in una Praga che asciuga le ferite del suo recente alluvione. E per cantarla non posso che affidarmi alle parole di Pessoa, Fernando Pessoa:

“La prego, siamo l’uno contro l’altro come due persone che si conoscono dall’infanzia, che si amarono da bambini e, sebbene nella vita adulta seguano altre strade e altri affetti, conservano sempre in una piega dell’animo, il ricordo profondo del loro amore antico e inutile".

(F.Pessoa, Lettere alla fidanzata)

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martedì 14 maggio 2013

I tuoi occhi neri

Musica consigliata: Dinah Washington - Time after Time

12 Maggio 2013


Parlare con una donna è sempre un’opportunità di crescita. Sia essa la tua peggiore avversaria o la tua futura sposa. Sia essa una semplice amica o la voce della tua coscienza. Parlarti in una corte selciata dell’alto Salento mi ha fatto stare bene. Il continuo vociare di uomini in cerca di primavera e di sentimenti all’aperto ha contribuito al nostro isolamento. Isolarsi nella compagnia è, per una coppia, un principio eccellente di conciliazione tra amore e vita sociale. Io non so rinunciare ai tuoi occhi neri. Lo so, lo sai. L’occhio chiaro brilla per rarità, è vero, ma poi ti fa perdere in una lettura veloce e per certi versi banale. Gli occhi neri hanno patine di mistero che possono durare una vita intera. E necessitano di essere attraversati, compresi, amati. Io non rinuncerò alla mediterraneità dei tuoi occhi neri, anche se non sarai la donna che prenderò un giorno per mano. Io e te abbiamo calpestato il mondo. E siamo ancora in viaggio. Un tempo eravamo bellissimi. Poi il tempo, a tratti, ci ha sfigurato. Abbiamo spedito al diavolo vagoni di dolore e comunque la vita ci ha sempre dato più di quello che meritiamo per davvero. Oggi siamo pianeti distanti che pulsano alla ricerca di un’attrazione, ma che faticano a svincolarsi dai percorsi ai quali forze maggiori li hanno costretti da tempo. Non spalancheremo le nostre porte. Rimarremo a guardarci dallo spioncino, ogni tanto. Come le mamme che il sabato sera cercano le sagome dei figli raggomitolati sotto le coperte, per tranquillizzare il cuore e arrestare l’ansia della lunga veglia. Basterà sapere che ci siamo. Il resto non dipende del tutto da noi. Forse un giorno, dopo un anno appena, vestirai di bianco. Per me.

Time after time/
I tell myself that I'm/
So lucky to be loving you/
So lucky to be/

The one you run to see/
In the evening, when the day is through/
I only know what I know/

The passing years will show/
You've kept my love so young, so new.

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martedì 19 marzo 2013

Il terzo crimine

Sarò di parte, ma resta il mio libro preferito...auguri papà!

CORRADO QUINTO MARIO (via)

"E' una delle vie più ricche di storia della nostra città: quando, nel 1899, si decise di cambiare il nome di questa via, si cancellarono millenni. Un altro orrendo crimine, il terzo, si commise in quel luogo. Troppo noto è il primo, l'assassinio, almeno secondo la tradizione, di Andrea, vescovo di Oria, da parte di Porfirio, perchè venga rievocato in questa sede. Di tutt'altra natura e assai poco noto ai più è il secondo. Questo secondo orrendo delitto non venne compiuto verso una persona bensì contro uno dei monumenti più importanti di Oria. Era l'anno 1855, il governo era affidato al Consiglio dei Decurioni formato dai maggiorenti della città, non solo per censo, ma, si suppone, anche per cultura e preparazione. A capo di questa amministrazione era colui che sarebbe divenuto senatore del Regno d'Italia: Tommaso Martini. Nella seduta del 19 Aprile 1855 viene deciso, senza alcun ripensamento o voce contraria, di abbattere il Portario e la casa che su di esso era stata costruita e di proprietà di una certa signora Schiavone di Manduria. Per quei pochi che non lo sapessero il Portario o l'Arco Grande era, secondo la tradizione, l'entrata principale dell'Acropoli messapica. Esisteva una seconda entrata..."

giovedì 28 febbraio 2013

L'Italia dei mezzi pesanti



Strada a senza unico, pomeriggio d’estate, gradi quaranta. A sinistra una montagna. A destra un burrone. Il camion più grande resta a terra, non ha più benzina nel serbatoio. L’autista chiede aiuto, anche se è lui a guidare il camion più grande. Decine di automobili si fermano alle sue spalle. Il tempo passa e la coda diventa chilometrica. La gente è assetata, le mamme si disperano, i bambini piangono. Ma non si avanza di un passo. A un certo punto si scopre che un altro camion, poco più indietro, trasporta l’unica tanica di benzina che può sbloccare la situazione e ridare speranza ai poveri viandanti. Il camionista del secondo camion scende dal mezzo e corre diritto verso l’autotrasportatore in panne. Arriva e gli dice: “Sei un morto che parla!” E torna indietro godendo come un maiale perché tutti hanno bisogno di lui. Ecco, non meritiamo di essere rappresentati e guidati dall’autista del camion più grande…ma, permettetemi, non meritiamo neanche colui che lascia il suo Paese in agonia e corre urlando divertito in mezzo alla gente moribonda alla ricerca di un governo, di nuove elezioni o di un primato da incensare. Puoi essere vincitore quanto ti pare, ma un vero leader porge guancia, idee e rispetto a tutta la sua gente. Oggi, soprattutto. Con questo pensiero saluto Febbraio e le sue pene.