Musica consigliata: The Masterplan, Oasis
È stato un anno difficile. Lo
riconosco. Uno di quegli anni sui quali si potrebbe cucire, senza riprese sartoriali
di alcun tipo, la massima che collega la fortificazione personale alla morte scampata. Non
so ancora se dal duemiladiciassette ne uscirò indenne, ma fortificato mi sembra un’ambizione
fin troppo eccessiva. Io sono del parere che un cuore salvato da infarto
conservi comunque delle necrosi e la sua efficienza, in qualche modo, non sarà
mai paragonabile allo stato pre-lesione.
La vera novità, per ricordare il
buon Lucio, è che scrivo per distrarmi un po’, per raggomitolare un filo lungo
e così intrecciato da perderci la testa, ma allo stesso tempo così ricco di
dati, flash, volti, espressioni, alert e consigli da considerarlo patrimonio di
vita vissuta.
Viviamo in un’epoca povera di
leader. La siccità sembra agevolare la mancata crescita di uomini e donne pronti a farsi carico o abili nel condurre il ruolo di guida,
nelle famiglie, nelle imprese, nella politica, in generale nelle società
occidentali a me conosciute. Tutti, chi più chi meno, vorrebbero dei leader all’altezza
delle situazioni. Grandi sfide necessitano di grandi leader. Le sfide diventano
sempre più grandi, i leader sempre più piccoli. La popolazione mondiale ha
superato i 7 miliardi, ma se chiedessimo al nostro dirimpettaio in palestra o
alla nostra cassiera preferita quanti leader conoscono, sono sicuro che le dita
di una mano basterebbero ampiamente. Parallelamente, da molti decenni ormai, si
moltiplica l’offerta formativa in materia di sviluppo e rinforzo della
leadership, team building, comunicazione, gestione delle risorse, intelligenza
emotiva. Un noto libro di un noto mental coach si intitola “Leader di te stesso”.
Ho provato a leggerlo in una libreria amica, ma è rimasta una prova.
Ho chiesto quindi al duemiladiciassette
qualche risposta, senza che questa mi venisse fornita in maniera del tutto
teorica da motivatori di professione, improbabili sette o docenti universitari.
Mi sono interrogato a lungo. Ho tenuto gli occhi aperti. Ho cercato le risposte
in chi le formulava al mio cospetto. Chi è veramente un leader? Cosa dovrebbe
mangiare a colazione un capo per svolgere adeguatamente il suo ruolo? Lavorare sul
campo ha agevolato le considerazioni che seguono. Il duemiladiciassette ha
sciolto molte prognosi.
Premessa banale, perché immagino non
sia né il primo né l’ultimo a farla. Non tutti nascono leader, non tutti
vogliono esserlo. Farsi guidare non è automaticamente sinonimo di sentirsi a
proprio agio nel gregge o di incapacità a gestire gli altri. Ho sentito molte
persone affermare che i ruoli di responsabilità non sono necessariamente quelli
più gravosi o quelli che rendono le maggiori soddisfazioni. Esistono società e
organizzazioni senza leader, alcune di queste viaggiano a gonfie vele grazie a
forme sperimentali di autogoverno. I leader non sono quindi indispensabili.
Eppure buona parte delle organizzazioni che regolano la nostra vita sono di natura
verticale. Conosciamo perfettamente i ruoli, abusiamo dei titoli che la società
ci assegna, ma quasi sempre negli ultimi anni al titolo non si associa più l’autorità
necessaria. Nell’epoca dei social network, i leader sono la categoria più bersagliata e se
qualche tempo fa (se ti andava male) ti beccavi il disegno delle corna sui manifesti,
oggi la tua carriera potrebbe svanire in pochi minuti dietro una sfilza di post
su facebook. Un recente articolo di Tom Nichols su Repubblica racconta con
estrema lucidità la morte dell’esperto nella piazza virtuale e come fior di
tecnici, scienziati e studiosi stiano abbandonando gradualmente le piattaforme on-line.
Chi è, dunque, un leader? È un
uomo. Non è un supereroe. Un leader non deve bastare a se stesso. Un leader non
ha tutte le risposte. Se un manager è assenteista viene considerato una persona
che non merita la posizione assegnatagli, poco produttivo e incapace di monitorare
risultati e necessità del suo team. Se un manager va via per ultimo, fa le
nottate, dorme in ufficio, viene considerato una persona senza equilibri, che
toglie tempo utile a valori molto più grandi come la salute, la famiglia e il tempo
libero. Un buon leader dovrebbe quindi bilanciare correttamente la propria
esistenza nell’organizzazione, un mix inattaccabile di ferreo attaccamento e distacco
leggero dai contesti in cui opera. Fino a qualche anno fa pensavo che ad ogni
domanda un leader avrebbe dovuto avere in tasca una risposta. Niente di più
illogico. Certo un vero leader non può ribaltare il problema con un insensato
contro-quesito del tipo: “Tu che faresti?”. Saremmo nel campo dell’ovvia
perplessità e della moltiplicazione dei dubbi del tipo “chi ti ha messo lì, perché
dovresti guadagnare più di me, qual è il valore aggiunto della tua direzione…”.
Ma un leader, ripeto, non ha tutte le risposte. L’unica cosa che deve imparare
è aiutare il proprio collaboratore a condividere una soluzione e a
deresponsabilizzarlo di fronte a possibili errori di strategia o decisionali. Un
leader ascolta e accompagna, non si sostituisce nella decisione.
Un leader non scredita mai un suo
collaboratore. Non crea forti competizioni interne, ma cerca di valorizzare il
merito degli altri senza che questo diventi preferenza o migliore trattamento. Nei
contesti lavorativi che ho frequentato ho visto presunti leader farsi servire e
inviare sms al resto della compagnia ridicolizzando il servitore come fido
cagnolino di corte con guinzaglio dorato. Ho visto capi scrivere tutto e il
contrario di tutto per mettere tutti contro tutti. Ho visto azzerarsi ogni
forma di rispetto reciproco a causa di leader corrotti e senza stile.
Mi piacerebbe, un giorno, scrivere
un libro ispirandomi ad un titolo di Garcia Marquez, “La leadership ai tempi del colera”. Come essere
al tempo stesso santi e guerrieri in un mondo in crisi, che cambia e che abbatte il costruito al primo
cedimento. Dove non si licenziano solo gli uomini, ma soprattutto i valori sui
quali dovrebbero essere fondati tutti i rapporti umani e lavorativi. In un
forum di giovani volontari del sangue, un ragazzo tempo fa mi chiese cosa fosse
per me la leadership. Non seppi rispondere. Se dovessi incontrarlo oggi, gli
direi sicuramente che la Leadership è un sopralluogo discreto. Si, un sopralluogo! Un’ispezione
dentro se stessi, una pausa per valutare elementi essenziali del proprio percorso
in una vita che scorre senza che nessuno riesca realmente a controllarla. Un momento
per riflettere e giudicarsi, per tornare sui propri passi prima di allontanarsi
definitivamente dalle cose che non quadrano o dalle persone che sembrano ostacolare
il nostro decollo. La leadership è un sopralluogo presso i tuoi compagni di
vita e di lavoro. Un volo panoramico dall'alto per conoscere e capire gli stati di salute, i sogni, gli investimenti, la festa di compleanno di un figlio, le ambizioni delle persone che ti circondano e ti sollevano nel raggiungimento di un obiettivo collettivo. Un leader non è un cane da guardia, non insedia presidi permanenti
presso i propri collaboratori. Un leader non ha tempo da perdere a controllare
costantemente il lavoro degli altri. Ogni forma di successo nasce dalla
fiducia. Possiamo fallire da soli, ma i successi hanno sempre bisogno dell’aiuto
degli altri.
Questo post è dedicato ai miei
colleghi della divisione di Design. Ai migliori designer e progettisti di Puglia. Sono loro che hanno ispirato,
con l’esempio, i miei pensieri più alti. I miei colleghi sono enormi
continenti in cui spaziare, incapaci di essere isole, geologicamente uniti, a
volte leader inconsapevoli, in ogni caso sempre uomini in mezzo agli uomini. Mi
hanno insegnato l’arte del rispetto e l'inutilità delle mezze verità. Hanno rinunciato alla
fuga nel bel mezzo dell’incendio. Dedico loro ciò che penso veramente della
loro bellezza. Affinché tutti sappiano. Oggi e per sempre.
Sarah De Cristofaro - Sarah ha le spalle dritte e un
bel portamento. Parla a bassa voce, con delicatezza, ma quando è impegnata in
una verifica telefonica o in una riunione con un cliente, il suo tono si
accende, diventa dinamico, ascolta e ribatte per arrivare subito al dunque, che
quasi sempre si rivela il suo dunque. Sarah non fa giri di parole, è schietta,
sincera. È il tipico esempio di come una donna possa farsi strada in un
contesto da sempre difficile per il sesso femminile come quello delle professioni
ingegneristiche. Le donne, almeno qui da noi, sono ancora figlie del
magistrale, dovrebbero assistere, curare ed educare, non progettare. Sarah mi
ha dato molta forza con il suo esempio, è il lato materno della divisione, di
lei apprezzo soprattutto l’ostilità alla rinuncia, non cede e rilancia ogni
volta che le si chiede di compiere un dovere fino alla fine o di non calpestare
un suo diritto. È una donna che raccoglie in sé il meglio delle qualità
femminili e ritengo faccia parte di quella categoria di donne destinate a
cambiare il mondo, locale o universale che sia.
Luca Rizzi - Ho conosciuto Luca quasi 10 anni
fa. Decise di fare il percorso inverso, da Milano a Brindisi, una scelta di
vita coniugata probabilmente con la migliore scelta lavorativa dell’epoca. Lo
ricordo come una persona rigida, fortemente inquadrata negli schemi educativi e
lavorativi del Nord che il Sud non ha mai realmente digerito. Oggi Luca è il
miglior leader che io conosca. Condividiamo scrivanie parallele da molto tempo e
per me è come un fratello. Nei periodi peggiori, invece di rivendersi, ha
dimostrato un attaccamento al suo lavoro e al contesto che lo ha accolto che ha
superato ogni previsione. Talentuoso in tutto ciò che fa, professionale in
quello che trasferisce, la sua autorevolezza è figlia della forza delle sue idee.
Accoglie ogni progetto di ricerca o d’impresa come fosse il suo, in una
complicità infinita tra lui e le sue creature, consapevole che successi e
benefici verranno raccolti da altri. Puoi parlargli di tutto senza mai trovarlo
impreparato, gioca e si ispira con la tecnologia senza che questa sia mai
capace di sovrastarlo. Luca è un maker dentro, progetta i giocattoli per le
figlie invece di acquistarli, è un grande papà e il miglior collaboratore che
ogni contesto possa mai selezionare. Immagini e citazioni di questo post
derivano dal libro “Together is better”, prestatomi da Luca come fonte di
ispirazione.
Giuseppe Modeo - Giuseppe è un designer
sopraffino. Un designer sopraffino lo si riconosce in due modi. Il primo è
quando ti rendi conto che lui fa ciò che avresti fatto tu. È difficile, per un
designer, spesso perso nella sua idea narcisistica di possedere qualità e
sensibilità estetiche superiori alla media, riconoscere che un collega designer
sia arrivato a quel compromesso progettuale cui non aggiungeresti nulla,
globalmente armonico e quindi non più modificabile. Il secondo motivo è quando,
il designer, non si fa vincere dal tempo e dalla fretta, ma lavora, lima,
ripulisce, annienta e ricrea fino a quando non sa di aver raggiunto ciò che l’emisfero
creativo gli aveva pre-figurato in partenza. Il lavoro di Giuseppe, da questo
punto di vista, è il tipico esempio di come il design sia a tutti gli effetti
una componente del processo di ricerca. Giuseppe potrebbe lavorare in qualsiasi
studio di design di fama internazionale. Può spingersi anche oltre, se lo
desidera. Il giorno del suo primo colloquio al CETMA, alla domanda se fosse in
grado di utilizzare i software di modellazione in uso nella divisione, rispose:
“Faccio parte di quella generazione cresciuta nel 3D, non mi spaventa dovermi
cimentare con l’uso di questo o di quel software”. Una risposta di questo tipo generò
due considerazioni: non è un candidato debole di fronte alla sfida, non è un
candidato troppo spavaldo di fronte allo scenario incerto. Materiale per i
posteri e per le generazioni che ancora non sanno approcciarsi al mondo del
lavoro.
Alessandro Balsamo - Alessandro, parafrasando San
Paolo, possiede il silenzio, la compostezza e la capacità, ma di tutte più
grande è la capacità. Può stare in silenzio per giorni prima di chiamarti e mostrarti un avanzamento delle attività spesso inatteso. Il suo operato è figlio del metodo, ha una testa da ingegnere e un cuore da designer, veste ogni suo prodotto con cura, spingendosi a volte verso soluzioni così espressive da sorprenderti, soluzioni caratterizzate da un accentuato dinamismo delle forme che potrebbero entrare di diritto in correnti come il bolidismo. Alessandro è figlio di un percorso che parte da lontano, dall'alta formazione, passando per il tirocinio in azienda fino ad oggi. Un percorso rappresentativo di come le persone possano crescere in un contesto, sposandone le finalità e affinando ogni giorno di più le proprie competenze verso uno standard qualitativo condiviso e uniformato. Si è sempre trovato a gestire, per scelta o per caso, azioni di una certa entità tecnica ed economica. Il suo sconforto iniziale di fronte alla vastità e alla criticità dell'impegno, si tramuta con il tempo in passione. Mi piace osservare il suo compiacimento nel mostrare la soluzione che ha ideato, compiacimento che spesso sconfina in quel "E ti dirò di più..." che porta il cliente ad uno stadio di soddisfazione superiore, riconoscente per il semplice fatto che non ci si è fermati al compitino o alla mera traduzione in attività dell'obbligo contrattuale. Alessandro ama i sistemi audio, spero che il tempo possa amplificare la voce dei suoi sogni.
Angelo Gianfreda - Angelo è arrivato in un giorno di
maggio. Come un dono inatteso posato sulla soglia di casa. Il suo entusiasmo nell'approdo al CETMA mi ha aiutato a ricordare come, per tanti progettisti, questo sia ancora un luogo ambito, un punto di arrivo per pochi privilegiati. Angelo soffre l'esistenza di attività sospese, lavora senza sosta, non si tranquillizza fino alla consegna. Ha un desiderio costante di migliorarsi, qualità che dovrebbe possedere ogni persona, ma sicuramente essenziale per un ricercatore o per chi viene chiamato a trasformare idee in prodotti concreti e innovativi. Angelo farà strada. Questo è il mio migliore augurio per lui.
Standing on the shoulders of star-studded design resources. Un grazie speciale va inoltre alle persone con le quali ho avuto il piacere di collaborare in oltre dieci anni di design al CETMA: Giovanni Giodice, Umberto Fioretti, Cinzia Dinardo, Glenda Torres Guizado, Vito Cuoccio.
"A boss has the title. A leader has the people". (S.Sinek, Together is better)
© RIPRODUZIONE RISERVATA