sabato 25 marzo 2017

Ci siamo uniti per un buon fine


Testo integrale della Dichiarazione dei leader dei 27 Stati membri e del Consiglio europeo, del Parlamento europeo e della Commissione europea (25 marzo 2017)

Noi, i leader dei 27 Stati membri e delle istituzioni dell'UE, siamo orgogliosi dei risultati raggiunti dall'Unione europea: la costruzione dell'unità europea è un'impresa coraggiosa e lungimirante. Sessanta anni fa, superando la tragedia di due conflitti mondiali, abbiamo deciso di unirci e di ricostruire il continente dalle sue ceneri. Abbiamo creato un'Unione unica, dotata di istituzioni comuni e di forti valori, una comunità di pace, libertà, democrazia, fondata sui diritti umani e lo stato di diritto, una grande potenza economica che può vantare livelli senza pari di protezione sociale e welfare.

L'unità europea è iniziata come il sogno di pochi ed è diventata la speranza di molti. Fino a che l'Europa non è stata di nuovo una. Oggi siamo uniti e più forti: centinaia di milioni di persone in tutta Europa godono dei vantaggi di vivere in un'Unione allargata che ha superato le antiche divisioni. L'Unione europea è confrontata a sfide senza precedenti, sia a livello mondiale che al suo interno: conflitti regionali, terrorismo, pressioni migratorie crescenti, protezionismo e disuguaglianze sociali ed economiche. Insieme, siamo determinati ad affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento e a offrire ai nostri cittadini sicurezza e nuove opportunità.

Renderemo l'Unione europea più forte e più resiliente, attraverso un'unità e una solidarietà ancora maggiori tra di noi e nel rispetto di regole comuni. L'unità è sia una necessità che una nostra libera scelta. Agendo singolarmente saremmo tagliati fuori dalle dinamiche mondiali. Restare uniti è la migliore opportunità che abbiamo di influenzarle e di difendere i nostri interessi e valori comuni. Agiremo congiuntamente, a ritmi e con intensità diversi se necessario, ma sempre procedendo nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati e lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente. La nostra Unione è indivisa e indivisibile.

Per il prossimo decennio vogliamo un'Unione sicura, prospera, competitiva, sostenibile e socialmente responsabile, che abbia la volontà e la capacità di svolgere un ruolo chiave nel mondo e di plasmare la globalizzazione. Vogliamo un'Unione in cui i cittadini abbiano nuove opportunità di sviluppo culturale e sociale e di crescita economica. Vogliamo un'Unione che resti aperta a quei paesi europei che rispettano i nostri valori e si impegnano a promuoverli.
In questi tempi di cambiamenti, e consapevoli delle preoccupazioni dei nostri cittadini, sosteniamo il programma di Roma e ci impegniamo ad adoperarci per realizzare:

1. Un'Europa sicura: un'Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un'Europa determinata a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.

2. Un'Europa prospera e sostenibile: un'Unione che generi crescita e occupazione; un'Unione in cui un mercato unico forte, connesso e in espansione, che faccia proprie le evoluzioni tecnologiche, e una moneta unica stabile e ancora più forte creino opportunità di crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e medie imprese; un'Unione che promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell'Unione economica e monetaria; un'Unione in cui le economie convergano; un'Unione in cui l'energia sia sicura e conveniente e l'ambiente pulito e protetto.

3. Un'Europa sociale: un'Unione che, sulla base di una crescita sostenibile, favorisca il progresso economico e sociale, nonché la coesione e la convergenza, difendendo nel contempo l'integrità del mercato interno; un'Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo fondamentale delle parti sociali; un'Unione che promuova la parità tra donne e uomini e diritti e pari opportunità per tutti; un'Unione che lotti contro la disoccupazione, la discriminazione, l'esclusione sociale e la povertà; un'Unione in cui i giovani ricevano l'istruzione e la formazione migliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il continente; un'Unione che preservi il nostro patrimonio culturale e promuova la diversità culturale.

4. Un'Europa più forte sulla scena mondiale: un'Unione che sviluppi ulteriormente i partenariati esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi e promuova la stabilità e la prosperità nel suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l'Africa e nel mondo; un'Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla creazione di un'industria della difesa più competitiva e integrata; un'Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazione e complementarità con l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, tenendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali; un'Unione attiva in seno alle Nazioni Unite che difenda un sistema multilaterale disciplinato da regole, che sia orgogliosa dei propri valori e protettiva nei confronti dei propri cittadini, che promuova un commercio libero ed equo e una politica climatica globale positiva.
Perseguiremo questi obiettivi, fermi nella convinzione che il futuro dell'Europa è nelle nostre mani e che l'Unione europea è il migliore strumento per conseguire i nostri obiettivi.

Ci impegniamo a dare ascolto e risposte alle preoccupazioni espresse dai nostri cittadini e dialogheremo con i parlamenti nazionali. Collaboreremo a livello di Unione europea, nazionale, regionale o locale per fare davvero la differenza, in uno spirito di fiducia e di leale cooperazione, sia tra gli Stati membri che tra di essi e le istituzioni dell'UE, nel rispetto del principio di sussidiarietà. Lasceremo ai diversi livelli decisionali sufficiente margine di manovra per rafforzare il potenziale di innovazione e crescita dell'Europa. Vogliamo che l'Unione sia grande sulle grandi questioni e piccola sulle piccole. Promuoveremo un processo decisionale democratico, efficace e trasparente, e risultati migliori.

Noi leader, lavorando insieme nell'ambito del Consiglio europeo e tra le istituzioni, faremo sì che il programma di oggi sia attuato e divenga così la realtà di domani. Ci siamo uniti per un buon fine. L'Europa è il nostro futuro comune.

© RIPRODUZIONE RISERVATA - Foto "L'Europa sulla Mosa" Ubaldo Spina - Dinant 2015


mercoledì 8 marzo 2017

Stoccata di stelle su campo blu


Musica consigliata: A letter to Elise, The Cure

Di Elisa Di Francisca conoscevo solo l’urlo di Londra 2012. Pochi giorni dopo avevo dimenticato il suo cognome. Nonostante il successo, se mi avessero chiesto in un quiz televisivo due nomi di schermitrici, avrei comunque elaborato in fretta Vezzali e Trillini. Un po’ come accade con gli Abbagnale per il canottaggio. Ci sono sportivi che instaurano un rapporto con la storia indissolubile, tutti preleviamo con sicurezza i loro nomi per ricordare le glorie nazionali in determinate discipline.
Elisa, comunque, a distanza di soli quattro anni, è riuscita a salire in cima ad ogni graduatoria con un gesto che, finalmente, non è passato inosservato. Ricevere una medaglia d’argento e alzare al cielo, sorridendo, la bandiera dell’Unione Europea. Provo a raccontare le mie semplici impressioni.

Premessa breve. Lo sport è uno degli strumenti più potenti di aggregazione, avvicina uomini ed istituzioni perché abbatte le differenze linguistiche e si sviluppa in un contesto di regole note e comprensibili a quasi tutti i popoli del pianeta. Una palla che rotola verso una rete è un prodotto della fisica che innesca le stesse emozioni, superando ogni barriera geografica, strumento per eccellenza contro ogni forma di discriminazione razziale. Nota è la risposta di Zdenek Zeman, quando afferma che “la grande popolarità del calcio nel mondo non è dovuta alle farmacie o agli uffici finanziari, bensì al fatto che in ogni piazza, in ogni angolo del mondo c'è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi”.
Pochi sportivi, purtroppo, hanno la consapevolezza di quanto un loro gesto possa scatenare repliche positive a livello internazionale. Gli sportivi godono di una notevole visibilità mediatica e potrebbero sfruttare diversamente quella particolare aura derivante dalla potenza e dalla perfezione di un gesto atletico. Gli sportivi, quindi, dovrebbero sostenere con molta più frequenza cause collettive, come diritti civili e difesa dell’ambiente. Invece li troviamo spesso persi negli psico-drammi del doping, rivestono con disinvoltura il ruolo dei violenti, sono distanti anni luce dai problemi che devastano i loro paesi d’origine. Senza andare molto lontano, con i goal si festeggiano amori e nascite, se non sfottò memorabili come “Vi ho purgato ancora”. Si utilizzano quindi finestre mediatiche di portata rilevante per autocelebrare la gloria e le gioie personali, già ben alimentate da una progressiva e bulimica venerazione dei fan.

Elisa, invece, nel bel mezzo di una Olimpiade sudamericana e gialloverde come i colori del mio rione, nel periodo di maggiore crisi identitaria dell’Unione Europea, ha sfruttato la sua parentesi di gloria per lanciare un messaggio di grande apertura, spogliandolo da ogni interesse personale e condividendo un invito che neanche i più intelligenti vertici di Bruxelles riescono a lanciare con tanto coraggio e semplicità: “Vorrei che la gente capisse che l’unione fa la forza. Al terrorismo dobbiamo rispondere con l’amore per la vita”. L’amore per la vita è la lotta alla disgregazione, se già è difficile far dialogare un mondo intero, proviamo almeno a far dialogare Paesi che condividono storia, valori, documenti, targhe, leggi, roaming telefonico e, per quanto bistrattata, la moneta. 

È proprio vero, nella disgregazione è molto più facile chiudere le porte che parlarsi. È così, l’odio ha le labbra sottili, bravissime a sibilare, ma incapaci di allargarsi ed esprimere apertamente semplici  verità. Elisa ha comprato la piccola bandiera a dodici stelle in un mercatino. Mi piace immaginare una donna che invece di comprare una baguette o un collant tra le bancarelle, ripone nel sacchetto e porta a casa una bandiera dell’Europa da far sventolare ai propri figli, condizione essenziale per garantire loro la crescita in un futuro di pace. Alla domanda: “se non avesse conquistato l’argento, come sarebbe finita?”, lei ha risposto: “Avrei trovato il modo di esporla”.

Questa è una risposta da donna. Le donne che erediteranno la terra, per dirla alla Aldo Cazzullo, le donne che vincono ogni cosa perché il fine è più forte del mezzo, le donne che mentre armeggiano di spada per ritagliarsi un posto nel mondo, contribuiscono ad allevare altri uomini e altre donne, mettendo in campo (o in pedana) il loro meglio. Sempre.
Da agosto 2016, ogni volta che guardo Jesi da un treno regionale che periodicamente mi porta verso Fabriano, ogni volta che fendo le Marche per amore di una donna, penso a Elisa, alla sua chiara idea di Europa, alle sue parole: “Ci sono nata, già nella mia Jesi, con certi valori dentro. Con l'Europa dentro. Siamo figli degli stati in cui nasciamo”. Siamo terrorizzati dall’idea di mettere al mondo figli irriconoscenti, che vedono solo nelle famiglie altrui la comprensione e la salvezza. E allora, invece di cercare ogni giorno altrove l’elisir contro i nostri mali, invece di genufletterci di fronte a modelli aggressivi che riporteranno il mondo a un drammatico squilibrio, impariamo a riconsiderare le garanzie che il vecchio continente ancora esprime. 

In un libricino di provincia, tempo fa, ho trovato questa bella storiella di ispirazione mitologica: "Dopo queste parole l'uomo si sentì contento di sé e più sereno e con molta gentilezza si offrì di accompagnare la bella donna fino alla casa. Questa accettò, sembrava di buon grado, e mentre camminavano Aiace si accorse che la bella Dafne gli teneva stretta la mano. Molto sorpreso, ma anche molto felice Aiace la guidò verso casa sua, non verso quella di Dafne e, giuntovi, la invitò ad entrare. Dafne arrossì visibilmente, poi prendendogli entrambe le mani e guardandolo con forza dritto negli occhi disse: bada, uomo, se entrerò nella tua casa non ne uscirò mai più". I Paesi Europei dovrebbero prendere esempio, arrossire per tutto il tempo necessario prima di entrare nell’Unione, ma una volta dentro dovrebbero difendere e valorizzare giorno dopo giorno gli altissimi principi che regolano la vita e la convivenza di 27 popoli. Avremo altre Brexit, lo so, ma prima o poi torneranno.

Europa era una donna. Erri De Luca scrive (raggiungendo picchi letterari altissimi in un libro che parla di vette, camosci e cacciatori) che “un uomo che non frequenta donne dimentica che hanno di superiore la volontà. Un uomo non arriva a volere quanto una donna, si distrae, si interrompe, una donna no. Davanti a lei si trova sempre incalzato…Un uomo che non frequenta donne è un uomo senza. Non è un uomo e basta, nient’altro da aggiungere. È un uomo senza. Può dimenticarselo, ma quando si ritrova davanti, lo sa di nuovo”. 

Torniamo a far prevalere la vera natura dell’Europa, impariamo ad essere più coraggiosi, più europei, più donne. Elisa Di Francisca, per me, ha vinto l’oro.

"...è divenuto raro che un uomo, con una posizione trainante in una delle scienze, riesca allo stesso tempo a rendere un valido servizio alla comunità nella sfera dell'organizzazione nazionale e delle politiche internazionali. Tale servizio non richiede solo energia, intuito e una reputazione basata su solidi risultati, ma anche libertà dal pregiudizio nazionale e una profonda dedizione ai fini comuni, cosa rara nei nostri giorni". (A. Einstein)


© RIPRODUZIONE RISERVATA - Foto LaPresse - Illustrazione Ubaldo Spina 2016