Musica: Ekki Múkk, Sigur Ros
I Tempo
Questo
anticiclone non vuole andare via. Non passa una nuvola, il cielo ristagna da
settimane, ogni tanto un temporale, ma che vuoi che sia un temporale isolato in
mesi di siccità! Mi hanno rubato il pluviale. In pieno centro. Era in rame. Lo
avevo comprato per dare un tocco al mio prospetto, niente plasticaccia
arancione. E’ vero, non piove, ma si può derubare una casa di un pluviale? Così
è iniziata la mia allegra giornata. Si, allegra giornata. L’allegra giornata di
Cosimo, un uomo qualsiasi.
Immagino
siate curiosi di sapere come è proseguita l’allegra giornata di Cosimo. Tra
montagne di rifiuti, naturalmente. Perché la gente è bravissima quando si
tratta di leggere la migliore offerta della settimana, diventa improvvisamente
stupida quando si tratta di capire se è plastica o non riciclabile. E poi la
gente è furba, è comoda, non da valore a nulla, la discarica è un concetto
tollerabile, basta che sia nelle campagne degli altri.
Ho
visto le case di campagna dei potenti circondate da recinzioni alte due metri,
con tanto di telecamere, filo spinato e vetri rotti. In barba al paesaggio, a
chi una campagna non ce l’ha, a chi vorrebbe aprire gli occhi ed il cuore in un
giorno di primavera ed è invece costretto a miseri percorsi di cemento. Come se
anche la campagna avesse un interno ed un esterno. La proprietà è privata, il
paesaggio è di tutti, mi dicevano i miei nonni.
Ho
visto la piazza popolarsi di auto, come se nulla fosse, come se giocare i
numeri al lotto o bere un drink in piazza fosse consentito solo agli
automuniti. Ed ho visto qualcuno verniciare una chianca, in un disperato
tentativo di dare ordine a chi non conosce il valore di un divieto.
Ecco,
questo è il paese di coloro che si credono potenti. Potenti a tal punto da
chiudere un castello per dispetto. E’ come le storielle del signorotto di
provincia che per dispetto ai poveri pastori chiude per sempre l’unica fonte
alla quale le pecore della zona possono abbeverarsi. Chiuso per dispetto.
Sublime.
Si
credono potenti, e gli va bene. Quello che fanno e tutto gli appartiene,
cantava Battiato. E poi, e poi…Voci sul prezzo dell’olio ai minimi storici,
perché è colpa dell’Europa, è colpa della lebbra, è colpa dell’olio spagnolo e
argentino. Portami le olive, te le compro, ma
propria piccè si tuni…cioè, tradotto, non le compreresti mai e le compri ad
un prezzo misero solo perché mi conosci?!? Traduco di nuovo. L’agricoltura,
il motore della nostra economia, deve
quindi vivacchiare solo perché ti conosco, perché ti faccio un favore
personale, perché è giusto che tu rientri dalle spese? No, no, no…
E
poi notizie di campagne senza elettricità, chilometri di rame tagliati come
fossero cuciture di cotone in eccesso, sposi che annunciano a tutti il lieto
evento riempiendo di adesivo gli alberi e abbavagliandoli quasi fossero dei
sequestrati. Perché a metter un annuncio siamo tutti bravi, a toglierlo mi
sporcherei le mani, mai sia…E così a distanza di un anno il turista scopre che
Ciccio e Ciccina oggi sposi, sbiaditi e slavati, ma pur sempre oggi sposi.
Oggi
volevo comprare un albero. Mi hanno proposto l’albero del falso gelso, l’albero
del falso pepe, del falso falso, del finto sintetico che non sporca, che non ha
bisogno d’acqua, che non ha radici, che non resina. Io volevo un albero vero.
Magari una vera quercia o un vero carrubo, che sporcano tranquillamente perché
io devo conoscere l’autunno attraverso le sue foglie stanche. Poi mi hanno
proposto anche un pacchetto di tolettatura per ulivi secolari, da modellare con
forbicette e da tosare come barboncini con ricco catalogo di palle, cilindri e
piramidi.
In
questo paese si costruiscono solo cappelle funerarie. Interi quartieri per i
morti. Amen. Città fantasma, con qualche cipresso piantato per opera e virtù
dello Spirito Santo. I cimiteri dovrebbero essere parchi. Non terreni assegnati
alla creatività dei palazzinari. Ma immaginate se avessimo devoluto mille euro
a cappella o rinunciato a qualche marmo pregiato, a favore di una raccolta
fondi per costruire una piscina. Invece di dare un tetto ai morti che, con
tutto il rispetto, non se ne fanno nulla, avremmo aiutato i nostri ragazzi a
liberarsi nell’acqua, avremmo evitato decine di scoliosi, avremmo, avremmo,
avremmo…e perché no, magari un giorno anche ad Oria sarebbe arrivata qualche
medaglia.
II Tempo
Ogni
sera, prima di andare a letto, traccio il bilancio della mia allegra giornata.
Questa sera mi sono chiesto: cosa hai fatto, oggi, Cosimo? Malisangu! Si, malisangu.
Proprio malisangu. Il mio corpo è
infallibile quando si tratta di trasformare il malessere quotidiano in sangue
infetto, putrido e ammalato.
Ma
non sono andato a dormire. Sono salito nel punto più alto della mia casa. Per
capire se il cielo si tappezza ancora di stelle. Per ascoltare il canto
cadenzato della civetta, senza corna o grattate varie. E’ lei la vera regina
d’estate. E non sono le sue profondità sonore a portare il malaugurio tra
questa gente. E allora ho pensato. Qui ci vuole un eroe. Di quelli che volano,
che sono bravissimi a volare, a cercare il male nei punti più remoti in cui sa
incunearsi. Un eroe che ci protegga con il suo mantello, mascherato perché non
deve essere uno di noi, razza viscida e corrotta. Ma dove lo trovo un eroe?
Neanche le agenzie interinali ti propongono contratti da eroe. L’eroe, allora, non
esiste. O meglio non lavora in paesi come questo.
III Tempo
Ma
poi rifletto ancora. Questo maestrale aiuta molto la riflessione. L’eroe, il
supereroe, è da sempre dentro di noi. Quante volte, nella solitudine della
nostra stanza, abbiamo immaginato un mondo salvato grazie ad un nostro
intervento. Di quelli che creano stupore, che risvegliano le coscienze e
restituiscono entusiasmo ad una collettività depressa. Che salvano qualcuno. Ci
sono due categorie di uomini. Quelli che fanno e quelli che polemizzano. L’eroe
appartiene alla prima categoria, ma in classe più. Come per gli
elettrodomestici. Si, l’eroe fa, ma di più, di più, di più.
Domani
voglio essere un eroe. Andrò a donare il sangue. Quel 5,10 % che ha sviluppato
dei potentissimi anticorpi contro la società del consumo, dei motori e
dell’egoismo. Andrò a donare il sangue, senza chiedermi perché. Non risponderò
con rabbia o con violenza, mi metterei al loro livello. Risponderò con il dono,
anonimo e gratuito. Senza targa celebrativa. Gli eroi dopo le grandi azioni,
non scendono a ricevere coccarde. Tornano a volare. E così volerà quel bimbo
che riceverà il mio sangue in sala operatoria. Con genitori in lacrime nella
sala d’attesa. Sperando possa risvegliarsi e sentire questo mio contagio. E divenire
chissà un nuovo supereroe, magari part-time, con meno impegni e malisangu, perché a nulla varrebbe vivere
se non immaginassimo un domani migliore.
Musica: Eroe, Caparezza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Monologo interpretato da Luca Carbone dell'associazione culturale “Il Pozzo e l’Arancio” nel corso della V Edizione del Concerto AVIS “Con la musica nel sangue!”, scalinata di via Pasquale Astore, venerdì 24 Agosto 2012.