mercoledì 20 maggio 2015

Ci vuole tanto troppo coraggio...

 
Musica consigliata: "Era de Maggio, Roberto Murolo"


Non ricordo il giorno esatto in cui ho conosciuto Alessandro. Abitare in un piccolo paese spesso comporta l'inizio di nuove amicizie per il semplice fatto di incontrarsi ripetutamente, di frequentare gli stessi campetti, le stesse parrocchie, gli stessi lampioni. Significa condividere il tragitto verso la scuola senza mai essersi presentati, dividersi prima del suono della campanella e rimanere amici per sempre. Il primo "ciao" con Alessandro si sarà concretizzato in una di queste occasioni, fino a quando, in un giorno di fine luglio sancimmo l'inizio della nostra amicizia in riva al mare. In quella stagione nacque per lui una storia con una ragazza di Manduria, una storia probabilmente scatenata da uno scontro frontale in un campo di beach volley, dove entrambi si contesero un baker disperato senza che nessuno dei due riuscisse a rispedire la palla oltre la rete. L'imbarazzo sfociò in una grassa risata e nei primi baci a match terminato, consumati in quel grigio svaporare della calura estiva sul mare piatto di tramontana nella sera di Campomarino. Pochi giorni dopo, la ragazza fu invitata ad una festa, dove ci sarei andato anche io. Alessandro non era ancora munito di patente e cercava con garbo un passaggio fidato per raggiungerla e infilarsi nel convivio. Si presentò con educazione, l'approccio più bello ed intelligente che possa avere una persona quando è nel bisogno. Quella sera salì nella mia auto e lo riaccompagnai in piena notte sulla soglia di casa. I discorsi che animarono la traversata notturna appartengono ora agli spiriti della litoranea, ma ricordo si trattò di una piacevole compagnia e di flussi di parole piuttosto impegnati nonostante la ridotta lucidità di entrambi. Negli anni successivi, per obblighi universitari e vite che giustamente si disperdevano verso obiettivi differenti, la nostra amicizia restò salda nell'assenza e, almeno per quanto mi riguarda, così la reputo ancora.

Ho seguito a distanza i suoi anni migliori. E' stata una persona che non ha rinunciato ad un solo attimo della sua esistenza. Ha amato le donne e le donne lo hanno amato, da vero latin lover non ha mai sbandierato al popolo l'esatto bottino delle sue battute di caccia, fu sempre corteggiato e profondamente desiderato. Alessandro lo ricordo così, cestista e sbandieratore, studente e barman, notte e giorno avevano per lui un profondo significato e, per quanto anche le più grandi energie della gioventù siano destinate ad andare in riserva, difficilmente ha ceduto alle sue passioni. Mi piace pensarlo ancora alle prese con cocktail acrobatici o vestito con canovaccio distinto nel cuore di una norcineria scavata nel carparo locale. Mi piace pensarlo assorto nei suoi pensieri o impegnato in quella che sarebbe stata la sua futura professione.

Ecco, sarò controcorrente, ma credo che la vita, nella sua limitatezza, non vada calcolata in anni accumulati all'anagrafe, ma in sensazioni, in ritmo, in impronte, e per quanto sia nostro dovere cercare di strappare anche un solo minuto in più alla morte, nessuno potrà mai dire se sia stato meglio morire rantolando a 90 anni in un letto di ospedale o cantando a 30 in una strada che corre verso l'estate salentina. Con una vita davanti, un amore atteso tra le lenzuola e il vento in faccia di un maggio di grandi speranze.
Non so, forse l'enigma più grande da risolvere resta proprio questo: avremo sempre acqua corrente per lavarci i denti? Nei giorni di Galizia ho capito quanto fosse importante centellinare quelle gocce preziose raccolte in una bottiglia da 0,5 litri per pulire, sciacquare e togliere ogni residuo di cibo e di schiuma dalle setole. Così è la vita, la puoi immaginare che scorre perpetua da un rubinetto cosmico gigante, regalo infinito senza data di scadenza, da consumarsi preferibilmente, ma anche oltre. Oppure puoi fermarti a guardarla confinata nelle pareti di una bottiglia, mentre giorno dopo giorno ne hai sempre meno e consumarla diviene quasi un affronto sacrilego al Creatore. E' un esercizio difficile, ma aiuta a capire molte cose su quanto prezioso sia questo battito concessoci in questa frazione di eternità.

De Andrè ha ragione, ha sempre ragione. «Ninetta mia, crepare di maggio, ci vuole tanto troppo coraggio». Lo sanno soprattutto le persone che hanno improvvisamente dovuto accettare la tua partenza e che vivono ogni giorno con la speranza di incrociarti ad un angolo di una qualsiasi strada. Io, quel giorno, ero in viaggio verso Montecatini Terme. E ho atteso tre anni per scriverti questo piccolo omaggio. Ciao Ale, salutaci l'universo.

"Core, core!
core mio, luntano vaje,
tu mme lasse e io conto ll'ore...
chisà quanno turnarraje?"
Rispunnev'io: "Turnarraggio
quanno tornano li rrose.
Si stu sciore torna a maggio,
pure a maggio io stóngo ccá".


(da "Era de Maggio" di S. Di Giacomo)


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