Musica consigliata: "La notte prima, Giovanni Allevi"
L’Europa, in materia di giocattoli, si è spinta dove nessun altro Paese ha osato. Negli ultimi decenni ha prodotto direttive e linee guida per la sicurezza che hanno regolamentato con chiarezza e rigore questo mercato. Valutazione dei pericoli meccanici, fisici ed elettrici e di infiammabilità, valutazione dell’igiene e della radioattività, requisiti chimici, obblighi del fabbricante, del distributore e dell’importatore, schede contenenti i dati sulla sicurezza…Oggi i giocattoli europei, fieri di quella tradizione di altissima qualità che ha sempre contraddistinto i prodotti ludici continentali, artigianali e industriali, sono i più sicuri al mondo. Forse qualcosa in più andava fatto in materia di recupero, riuso e riciclo, bisognava andare oltre e regolamentare la circolarità di questo specifico settore ad altissima intensità di rinnovamento. Ci arriveremo, ma ora bisogna difendersi dalle invasioni e insegnare a genitori irresponsabili che non sempre la politica del low-cost premia e che la soddisfazione dei bisogni non sempre si basa su approcci quantitativi.
"Ecologia, non è una scienza né una politica, ma un'autentica guerra del Bene contro il Male, combattuta con armi di ogni specie e natura: ci s'incatena agli alberi che stanno per essere segati, si sfida una potenza nucleare con una goletta disperata, si liberano animali martiri...Utopia, naufragata, calunniata Utopia...Senza fanatismo, ma va fatta risuscitare. Senza, non respiriamo più". (Guido Ceronetti)
Non so cosa ricorderò di questo
Natale. Nessuno slancio di poesia memorabile, molta confusione, nelle piazze e
sulle tavole. Ho scoperto di recente il nome della città cinese che fabbrica il
nostro Natale: Yiwu. I cinesi, notoriamente un paese dove i cattolici che
riconoscono l’autorità del Papa sono considerati sovversivi, sono i principali
produttori al mondo di allestimenti e luci natalizie, riversati in quantitativi
spaventosi nei confini occidentali per far luccicare strade, abitazioni e
luoghi del commercio in onore di un bambino che nasce.
Ma una cosa la ricorderò. La
renna sul mandorlo. Nessuna renna, in vita sua, credo abbia mai immaginato di
sostare all’ombra di un albero di mandorlo. Figuriamoci se abbia minimamente
pensato di finirci sopra. Ebbene si. In contrada Gallana, nei giorni dello
shopping compulsivo, dei presepi di plastica confezionati a Taiwan, dei
terroristi travestiti da Babbo Natale, ho trovato una renna incastrata tra i
polloni di un vecchio mandorlo, abbastanza vecchio da essere ormai
improduttivo, ma non tanto da rimanere impassibile di fronte al tumultuoso e
goffo arrivo di un ospite inaspettato. La renna sembra essere atterrata dopo un
volo accidentale partito dagli estremi della troposfera, salvata dallo schianto
solo grazie al provvidenziale aiuto dei rami del mandorlo coltivato ben al di
sotto del parallelo che attraversa Rovaniemi, altresì detto Circolo Polare
Artico.
Ecco, in realtà questo
dirottamento ha un precedente, un evento scatenante. L’abbandono di sacchi di
giocattoli tra gli uliveti secolari della stessa contrada. Ho provato, di
fronte a quei cumuli di plastica colorata, a cercare un perché a tutto ciò. Non
ci sono riuscito, e continuo a provarci senza risultati in una notte di
Epifania che dovrebbe sversare nuovi fiumi di giocattoli per la stragrande
maggioranza provenienti dal Paese del dragone e, se tutto va bene, posare qualche
centimetro di neve fresca dolcemente offerto dalle correnti gelide da NE.
Disfarsi delle cose che non
servono più (semmai una cosa cessi definitivamente di essere utile per
qualcuno) nelle campagne altrui è già di per sé un gesto discutibile. Provate
ad immaginare un adulto con dei figli già grandi e probabilmente (mi auguro) senza
nipoti che, sul far della sera, in campagne desolate, posa dei sacconi neri
sotto il primo ulivo disponibile. Per non farla sporca, sceglie il lato
nascosto del tronco e, in un eccesso di fortuna, trova un esemplare provvisto
di magnifiche cavità. È un’operazione che si deve chiudere in pochi secondi, guai
ad essere scoperto da un passante ecologista che casualmente ha deciso di
sfidare freddo e tenebre per una debole ronda notturna o per un po’ di jogging salutare.
Così, laddove avrei sperato di
raccogliere olive nella stagione più povera della nostra produzione olearia, ho
ritrovato un bel patrimonio da far invidia agli armadi di una ludoteca di
provincia, perfettamente conservato e sparso senza criterio sulla terra umida
di dicembre. Bambolotti dagli occhi azzurri, casette, costruzioni, vasini, con
qualche piccola impurità come un vecchio paralume in vetro o un paio di scarpe
Nike non del tutto consumate. La scena non era poi così distante dalle riprese
televisive sugli asili bombardati in Medio Oriente, dove ti piange il cuore al
solo pensiero che ordigni piovuti dall’alto abbiano cancellato piccole vite
umane.
In questo trionfo di civiltà, il
buon padre di famiglia nel ruolo di svuotacantine e riempiterreni (degli altri)
avrà dimenticato il nostro amato peluche in auto. Riportarlo a casa avrebbe
significato tornare sconfitti di fronte agli ordini di una moglie delirante per
l’ormai inarrestabile occupazione di suolo domestico. E così, dal finestrino o
dopo la seconda sosta da batticuore, la povera renna oltre a perdere i suoi
eterni compagni di gioco ha subito anche un volo sul mandorlo, nell’ultimo
gesto estremo di liberazione del nostro eroe nato ed educato in quel di Oria.
Esiste un tempo per ogni cosa. Anche il tempo dei giocattoli,
prima o poi, in una famiglia termina. Ma quando un uomo compie un gesto simile,
io credo si sia molto vicini a quello che chiamano punto di non ritorno. Non è
un semplice grido contro il consumismo. E’ un grido contro il totale
spaesamento dell’uomo, perso e smarrito, incapace di vedere oltre la vita e la
natura delle cose, incapace di vedere risorse, ma solo rifiuti, incapace anche
di pensare che quei giochi potranno essere un signor passatempo per piccoli
meno fortunati. Non esiste una banca del giocattolo usato, è vero, abbiamo
paura a toccare le nostre cose, figuriamoci se lasciassimo mettere le orecchie
della nostra renna usata in bocca ai nostri figli. Ma il gesto del nostro eroe
di Natale è l’anteprima del baratro, il mondo che ci aspetta, il mondo che
annulla e sostituisce il precedente, il mondo che non lascia spazio alla
valorizzazione delle cose perché talmente drogato di un nuovo che avanza e che
tutto sommerge. Tutto vale il tempo di una pila, una volta esaurita, si cambia
gioco e ci si tuffa in quel vortice fragoroso che sputa freneticamente oggetti
da usare e divora senza capire dove e come oggetti da gettare.
L’Europa, in materia di giocattoli, si è spinta dove nessun altro Paese ha osato. Negli ultimi decenni ha prodotto direttive e linee guida per la sicurezza che hanno regolamentato con chiarezza e rigore questo mercato. Valutazione dei pericoli meccanici, fisici ed elettrici e di infiammabilità, valutazione dell’igiene e della radioattività, requisiti chimici, obblighi del fabbricante, del distributore e dell’importatore, schede contenenti i dati sulla sicurezza…Oggi i giocattoli europei, fieri di quella tradizione di altissima qualità che ha sempre contraddistinto i prodotti ludici continentali, artigianali e industriali, sono i più sicuri al mondo. Forse qualcosa in più andava fatto in materia di recupero, riuso e riciclo, bisognava andare oltre e regolamentare la circolarità di questo specifico settore ad altissima intensità di rinnovamento. Ci arriveremo, ma ora bisogna difendersi dalle invasioni e insegnare a genitori irresponsabili che non sempre la politica del low-cost premia e che la soddisfazione dei bisogni non sempre si basa su approcci quantitativi.
Non so cosa ricorderò di questo Natale. E ai Magi, nei loro
ultimi chilometri, o alla vecchia con la scopa, in fase di atterraggio, mi
verrebbe da chiedere di non portare nulla, di scioperare con eleganza dalla
distribuzione di beni che porteranno nuovi sacchi neri nelle campagne e
montagne di plastiche con circuiti elettronici ancora funzionanti nelle
discariche.
Quanto al lanciatore di renne, sono certo che da piccolo
nella calza avrà trovato noci e mandarini, forse del miele e anche una biglia.
E avrà probabilmente sorriso di fronte a tanta magnanimità. Oggi è un uomo in
stato confusionario come la società che lo ha visto invecchiare, un uomo che ha
svenduto il suo ambiente e che viene tirato dalle offerte dei centri
commerciali come un toro dal suo anello ben conficcato nelle narici. Forse un
giorno condirà del pane con olio spremuto da olive prodotte da un albero contaminato
da sversamenti accidentali di soluzione acida contenuta nelle batterie di
vecchi giocattoli. Non so se sarà così abile a ricondurre l’inizio dei suoi
mali alle gesta atletiche di un tempo nella categoria “abbandono illegale di
rifiuti”. Sicuramente qualcuno gli ricorderà che in natura tutto si trasforma,
tutto circola, tutto, quando meno te lo aspetti, torna al mittente.
Inizia a fioccare. Benvenuto inverno.
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