Musica consigliata: Io cammino di notte da sola, Amalia Grè
I chiostri monastici, ne sono
certo, sono provvisti di pale rotanti azionate dalla mano invisibile di qualche
santo. È praticamente impossibile non avvertire la presenza di una
microventilazione, indipendentemente dal periodo dell’anno in cui si faccia
visita. Anche in pieno agosto, infatti, in una giornata di afa piatta e torrida,
si prova un certo sollievo ad entrare nel primo corridoio del quadrilatero.
Questo vento misterioso ti dà il benvenuto e ti accompagna pian piano in quel cammino
geometricamente vincolato, sia che tu ti muova sotto copertura, sia
nell’attraversamento del giardino. Ma poi rifletto, è normale che l’aria trovi
qui un luogo perfetto per divertirsi! In quali altre architetture puoi scendere
dall’alto e cimentarti in uno slalom estremo tra decine di colonnine laboriosamente
scolpite, oppure farti forzare dai piani superiori dell’edificio e sfondare a valle dopo aver percorso precipitosamente moltitudini di gradini? Non esiste altrove in cui l’aria possa godere di tante possibilità
ricreative.
Camminiamo. Soli. Giovanna
conosce bene le mie necessità primarie. Una vita tra la gente ti induce a
desiderare il silenzio, almeno nel giorno del tuo compleanno. Il modo migliore
per festeggiare, in questo giorno, è tornare a parlare con me stesso, senza
voci, rumori, auricolari, speaker, call, skype, decolli, arrivi, partenze,
urgenze, code, scadenze. Per questo ho deciso di trascorrere spesso il sette
agosto camminando solitario per le strade d’Europa, festeggiando a mio modo,
chiudendomi a riccio per proteggere un bisogno fisiologico.
Il chiostro di San Benedetto è
popolato di arte contemporanea. Nel primo pomeriggio di un’estate pugliese i
colori sono a rischio liquefazione, ma il chiostro protegge dall’esposizione
diretta ai raggi solari e quel micro vento torna ancora utile per abbassare la
temperatura. Una sorta di windchill per la conservazione delle opere
pittoriche. Non abbiamo fretta, giriamo e rigiriamo, soffermandoci di fronte ad
alcune tele, sorvolando rispetto al contenuto di altre. Questo tipo di arte
merita due fasi, quella dell’interpretazione cui segue quella del gradimento.
Se non si cura la prima, la seconda non si innesca. Esiste anche una componente
tattile, sfiorare la materia aiuta la comprensione. Come il peggiore dei
principianti, mi avvicino all’opera e mi lascio tentare da una innocua ditata
nei solchi ruvidi del pennello.
Ecco, arriva da lontano. Il
guardiano, il generale, il custode, l’inquisitore. Conosco già le mie colpe,
non mi resta che scusarmi. Viene senza armi, ammonisce con gli occhi, sfere
azzurre tendenti al grigio incapsulate in una pelle rosea, idratata, lucente,
viva. Alzo le mani in segno di resa. Ma noi non volevamo solamente scusarci e
lei, probabilmente, non desiderava solo riprenderci. Alessandra è la curatrice,
ha molto da dirci, passeggiamo tra le opere e da come ne parla più che tele
sono pagine del suo diario. Strano che un’artista pugliese abbia dipinto cupe megalopoli,
strano che da una regione permeata di luce e ancora caratterizzata da
agglomerati di piccole dimensioni, siano arrivate visioni urbanistiche così
forti e allarmanti. Il rosso incendia molti quadri, scarichi giganti sversano
acque reflue, ecomostri e sopraelevate distruggono il ricordo dell’armonica
composizione di piccole architetture, sovrastandole e accogliendo auto
tragicamente incolonnate. È come se fosse sempre notte nelle sue immagini, è come
se tutto fosse irrimediabilmente inquinato.
Stabiliamo un contatto. Le
barriere si sciolgono come colori a olio dimenticati al sole. Ci regala il
catalogo della mostra, poi si sofferma sui libri dell’artista. Decido di
comprarli in segno di riconoscimento per la sua preziosissima guida. Ci pensa,
ma poi rifiuta il denaro. Le scappa una lacrima, come l’aria del chiostro,
anche le lacrime sono brave a fuggire prima ancora che il cervello ne comandi
l’arresto. La mostra, i libri, le parole, il pomeriggio d’agosto consumato in
una cittadina di provincia a parlare con due sconosciuti, ogni ricordo
recuperato dal passato, sono azioni per la madre, tutto è nel nome della madre.
Le basta sapere che la sua memoria è viva e che giorno dopo giorno il suo nome continua a circolare arrivando a più gente possibile, oltre quello che la vita le ha
concesso. Dicono che la procreazione sia la forma d’amore più alta, ma i figli
sono allo stesso tempo la forma più alta d’egoismo se servono, come direbbe
Stefan Zweig a proposito di libri, “a difendersi dall’inesorabile avversario di
ogni vita: la caducità e l’oblio”.
Alba Amoruso, artista pugliese, è
deceduta a soli 51 anni. Nel suo libro “Lettera d’amore” ha raccontato di come
si possa interpretare il mondo dalla finestra di una clinica di Lubiana, mentre
la neve scende lenta in una capitale d’Europa e tu agonizzi lentamente al
pensiero di quello che potrebbe accadere o cerchi di racimolare qua e là
piccole speranze di salvezza. Oggi è il suo compleanno. I pensieri di Alba sono nella nostra
libreria, io e Giovanna ci siamo innamorati di un suo quadro e parleremo di lei
con cognizione, citandola con entusiasmo quando ne avremo l’occasione.
Alessandra Trapanà è riuscita nel suo intento, nel nome della madre.
"Do you have any regrets? No, everything that has happened in my existence had to happen. I have mainly learnt from the mistakes made in my worst periods, not in the best ones". (Marina Abramović)
© RIPRODUZIONE RISERVATA