lunedì 22 aprile 2019

Nel nome della madre


Musica consigliata: Io cammino di notte da sola, Amalia Grè

I chiostri monastici, ne sono certo, sono provvisti di pale rotanti azionate dalla mano invisibile di qualche santo. È praticamente impossibile non avvertire la presenza di una microventilazione, indipendentemente dal periodo dell’anno in cui si faccia visita. Anche in pieno agosto, infatti, in una giornata di afa piatta e torrida, si prova un certo sollievo ad entrare nel primo corridoio del quadrilatero. Questo vento misterioso ti dà il benvenuto e ti accompagna pian piano in quel cammino geometricamente vincolato, sia che tu ti muova sotto copertura, sia nell’attraversamento del giardino. Ma poi rifletto, è normale che l’aria trovi qui un luogo perfetto per divertirsi! In quali altre architetture puoi scendere dall’alto e cimentarti in uno slalom estremo tra decine di colonnine laboriosamente scolpite, oppure farti forzare dai piani superiori dell’edificio e sfondare a valle dopo aver percorso precipitosamente moltitudini di gradini? Non esiste altrove in cui l’aria possa godere di tante possibilità ricreative.

Camminiamo. Soli. Giovanna conosce bene le mie necessità primarie. Una vita tra la gente ti induce a desiderare il silenzio, almeno nel giorno del tuo compleanno. Il modo migliore per festeggiare, in questo giorno, è tornare a parlare con me stesso, senza voci, rumori, auricolari, speaker, call, skype, decolli, arrivi, partenze, urgenze, code, scadenze. Per questo ho deciso di trascorrere spesso il sette agosto camminando solitario per le strade d’Europa, festeggiando a mio modo, chiudendomi a riccio per proteggere un bisogno fisiologico.
Il chiostro di San Benedetto è popolato di arte contemporanea. Nel primo pomeriggio di un’estate pugliese i colori sono a rischio liquefazione, ma il chiostro protegge dall’esposizione diretta ai raggi solari e quel micro vento torna ancora utile per abbassare la temperatura. Una sorta di windchill per la conservazione delle opere pittoriche. Non abbiamo fretta, giriamo e rigiriamo, soffermandoci di fronte ad alcune tele, sorvolando rispetto al contenuto di altre. Questo tipo di arte merita due fasi, quella dell’interpretazione cui segue quella del gradimento. Se non si cura la prima, la seconda non si innesca. Esiste anche una componente tattile, sfiorare la materia aiuta la comprensione. Come il peggiore dei principianti, mi avvicino all’opera e mi lascio tentare da una innocua ditata nei solchi ruvidi del pennello.

Ecco, arriva da lontano. Il guardiano, il generale, il custode, l’inquisitore. Conosco già le mie colpe, non mi resta che scusarmi. Viene senza armi, ammonisce con gli occhi, sfere azzurre tendenti al grigio incapsulate in una pelle rosea, idratata, lucente, viva. Alzo le mani in segno di resa. Ma noi non volevamo solamente scusarci e lei, probabilmente, non desiderava solo riprenderci. Alessandra è la curatrice, ha molto da dirci, passeggiamo tra le opere e da come ne parla più che tele sono pagine del suo diario. Strano che un’artista pugliese abbia dipinto cupe megalopoli, strano che da una regione permeata di luce e ancora caratterizzata da agglomerati di piccole dimensioni, siano arrivate visioni urbanistiche così forti e allarmanti. Il rosso incendia molti quadri, scarichi giganti sversano acque reflue, ecomostri e sopraelevate distruggono il ricordo dell’armonica composizione di piccole architetture, sovrastandole e accogliendo auto tragicamente incolonnate. È come se fosse sempre notte nelle sue immagini, è come se tutto fosse irrimediabilmente inquinato.

Stabiliamo un contatto. Le barriere si sciolgono come colori a olio dimenticati al sole. Ci regala il catalogo della mostra, poi si sofferma sui libri dell’artista. Decido di comprarli in segno di riconoscimento per la sua preziosissima guida. Ci pensa, ma poi rifiuta il denaro. Le scappa una lacrima, come l’aria del chiostro, anche le lacrime sono brave a fuggire prima ancora che il cervello ne comandi l’arresto. La mostra, i libri, le parole, il pomeriggio d’agosto consumato in una cittadina di provincia a parlare con due sconosciuti, ogni ricordo recuperato dal passato, sono azioni per la madre, tutto è nel nome della madre. Le basta sapere che la sua memoria è viva e che giorno dopo giorno il suo nome continua a circolare arrivando a più gente possibile, oltre quello che la vita le ha concesso. Dicono che la procreazione sia la forma d’amore più alta, ma i figli sono allo stesso tempo la forma più alta d’egoismo se servono, come direbbe Stefan Zweig a proposito di libri, “a difendersi dall’inesorabile avversario di ogni vita: la caducità e l’oblio”.

Alba Amoruso, artista pugliese, è deceduta a soli 51 anni. Nel suo libro “Lettera d’amore” ha raccontato di come si possa interpretare il mondo dalla finestra di una clinica di Lubiana, mentre la neve scende lenta in una capitale d’Europa e tu agonizzi lentamente al pensiero di quello che potrebbe accadere o cerchi di racimolare qua e là piccole speranze di salvezza. Oggi è il suo compleanno. I pensieri di Alba sono nella nostra libreria, io e Giovanna ci siamo innamorati di un suo quadro e parleremo di lei con cognizione, citandola con entusiasmo quando ne avremo l’occasione. Alessandra Trapanà è riuscita nel suo intento, nel nome della madre. 

"Do you have any regrets? No, everything that has happened in my existence had to happen. I have mainly learnt from the mistakes made in my worst periods, not in the best ones". (Marina Abramović)

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