venerdì 29 luglio 2016

Oh mia cara, mia cara, mia cara...


Musica consigliata: "Che coss'e l'amor, Vinicio Capossela"

Probabilmente sul palco ci siamo da sempre, ogni giorno un palco ci attende, più o meno alto, di legno massello o di aria leggera, così ampio da perdersi o così stretto da soffocarci dentro. Ogni volta che sali sui palchi della tua quotidianità, provi ad essere te stesso o comunque a non dare un'idea di te troppo distante da quella che hai sempre cercato di tutelare, per la tua vita, la tua professione, la tua reputazione, o semplicemente per il tuo essere. Il teatro mi ha reso vulnerabile, che bella sensazione la vulnerabilità, le ossa a terra, la tensione, invece, alle stelle, l'urina che bussa, la memoria in vacanza prima ancora che Agosto faccia il suo corso. Ieri sera ero un altro, e non conoscendo chi di me avrei spedito su quel palco, avevo paura di lui, avevo paura che non fosse all'altezza. Non potevo raccomandarmi in alcun modo, perché era come fosse sordo dinanzi alle mie raccomandazioni. Sapere che qualcuno con il tuo stesso corpo provi a ricominciare una nuova vita, aiuta la tua innata propensione all'eterna giovinezza. Il teatro mi ha reso più utile e completo, ha sciolto la mia forma annegandomi in un secchio di arte informale (finalmente), ma, soprattutto, mi ha reso un uomo più libero. Ora andiamo Ferroni, via, via, vieni via con me!

Grazie Ka-tet, grazie amici, dal primo saluto in via Manzoni il 29 settembre dell'anno 2015, vi porgo dieci mesi di riconoscenza.

"E ai giovani che volessero fare teatro cosa consiglia? "Di non sedersi mai. Non basta il talento per riuscire, senza esercizio ci si ferma, si resta a un livello basso; nella vita e nel lavoro, ci vuole soprattutto un lavoro su se stessi. Bisogna esercitarsi, provare, studiare, cercare di cambiare sempre. Ma questo vale per tutto, mica solo per il teatro." (Franca Valeri in una intervista a Mario Calabresi)

© RIPRODUZIONE RISERVATA - Foto di Giuseppe Cavallo