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Nuovo cimitero di Oria. Capitolo
due. Continua la mia personale riflessione su quali siano state le intenzioni e
quali le conseguenze di un’operazione così anonima quanto impattante dal punto
di vista sociale, urbanistico e ambientale. Questo post ospita in pancia una
storia vera, si può fregiare quindi del titolo di coda “tratto da una storia
vera” e, nel rispetto delle procedure, anticipo che i personaggi sono realmente
esistiti e si tutelano dalle pubbliche opinioni grazie a nomi di pura fantasia.
<<Ubaldo questa è una
storia molto triste e, a mio avviso, di grande violenza morale. Penso che le
pratiche di riesumazione non dovrebbero proprio esistere! Abbiamo riesumato mio
padre dopo 21 anni perché erano scaduti i termini di affitto per i loculi
comunali. Dopo aver appreso questa notizia attraverso un misero biglietto,
affisso con poca eleganza e molto nastro adesivo vicino alla foto di mio padre,
incassato il colpo, ho parlato sia con chi si occupa di queste pratiche sia con
l'ufficio tecnico comunale, chiedendo innanzitutto una proroga. Mi è stata
respinta. Spaventata dalla possibilità di dovermi ritrovare in questa
situazione tra 20 anni, ho chiesto la possibilità di acquistare un loculo
oppure un lotto per poter costruire una casa eterna per mio padre. Mi hanno
risposto: “non ci sono loculi e non c’è alcuna possibilità di edificare”. Sono
rimasta basita, soprattutto per quanto riguarda la mancanza di logica in tutto
questo. Mi chiedete di riesumarlo, ma dove lo metto? Come se non bastasse, ho
solo pochi giorni per trovargli un posto, una sistemazione dignitosa. Ho
proposto con ironia di poterlo riportare temporaneamente a casa, almeno lì è al
sicuro! Le soluzioni erano due: trovare un posto (significava elemosinare uno
spazio in prestito, chiedere a qualcuno, non so...) oppure
"appoggiarlo" (queste le parole usate) nella "fossa
comune", insieme a decine di bare impilate l'una sull'altra nei sotterranei
del cimitero, quelle aree che inconsapevolmente calpestiamo quando visitiamo i nostri defunti. Un posto tetro, una botola, si scende giù con una
scala e poi si chiude il tutto, come fosse una manutenzione fognaria, apri e
chiudi il tombino. Un posto che toglierebbe la dignità anche al peggiore dei
malavitosi. Messa con le spalle al muro sono stata costretta a prendere in prestito
il loculo di un parente. Solo un prestito, perché il parente non è proprio giovanissimo e quel loculo, realisticamente, potrebbe servire a lui in tempi non molto
lontani...mi hanno promesso che mi daranno la possibilità di comprare un lotto
quando e se uscirà un bando. Un lotto costa 5.000,00 euro e per legge hai 3
anni di tempo per poter edificare. Mi dicono continuamente che le aree
edificabili non sono disponibili, non ci sono loculi, non c'è nulla. Mi sono
recata più volte al cimitero, nella sua estensione ho contato più di 22 lotti
ancora da edificare...mi sto ancora chiedendo chi sono coloro che hanno acquistato
e se sono trascorsi i tre anni imposti dal regolamento, perché se le regole
vanno rispettate, come io ho traslocato mio padre riesumandolo dopo 20 anni (“serve
il posto!”, mi hanno detto) così questi signori che non hanno ancora edificato
su questi 22 terreni dovrebbero dare ad altri la possibilità di farlo. Concludo
dicendo che odio queste case infernali per i morti, ma questa esperienza mi ha
portato a pensare che la mediocrità di questo paese ti costringe ad adeguarti a
tali squallori. L’alternativa, altrimenti, sarebbe un bel tuffo nella fossa
comune. È stata una vicenda dolorosa, rivedere la bara ricoperta di ragnatele e
consumata dal tempo...e per quanto mi riguarda è stato come togliermi la casa.
Quello era il mio posto, sono cresciuta sul quel muretto, guardandolo sempre come
un riferimento fisico e spirituale per la mia esistenza. I papà sono un grande
punto di riferimento e il mio era lì! Ora mi riesce difficile andare a
trovarlo. Devo salire al quarto piano con una scala e so che lui non è
contento. Gli chiedo scusa per non essere stata in grado di evitare tutto ciò e
per il fatto che dovrò scomodarlo ancora, è pur sempre una soluzione
provvisoria. Ogni tanto mi chiedo se quest’uomo, che tanto ha sofferto in vita,
possa almeno un giorno dormire in pace>>.
La storia di Barbara R. offre
alcuni spunti emotivi di altissimo livello, che si sviluppano nella vicenda
personale e si alimentano delle drammatiche storture generate da politiche di
basso livello, decisamente basate sulla mercificazione di spazi e valori.
Questa vicenda descrive in
dettaglio il lato oscuro prodotto da un confuso agglomerato di cemento che ha
la presunzione, solo perché di fregia di croci piccole e grandi, di essere il
luogo ultimo dove si restituisce significato alla parola uguaglianza. Esistono
quindi morti di serie A e morti di serie B. I futuri morti di serie A si sono
accaparrati un posto nei condomini crociati, ma nel frattempo le cappelle
funerarie sono quasi tutte vuote e i morti di serie B, oltre ad essere realmente
deceduti, sono anche dei potenziali prossimi sfollati. In altre parole non
vivono in pace la loro morte, anzi emigrano di qua e di là, in attesa che
qualcuno di buon cuore li ospiti per garantirgli di tanto in tanto almeno un
fiore. Forse il messaggio non è chiaro. Abbiamo dato la possibilità di
devastare un colle per costruire fantasmi di pietra che ospiteranno salme senza
mai colmarsi nei prossimi 50 anni, mentre la gente senza possibilità o agganci
vari vive il dramma di concessioni in scadenza e non gode alcun diritto
cimiteriale. Un tempo esistevano confraternite e società ope-artigiane, ora
neanche indossare un abito da confratello durante la processione dei Misteri
può dare questo privilegio.
In queste ultime settimane, per
motivi professionali e associativi, sono stato chiamato ad approfondire e a interrogarmi
sul rapporto tra etica e mercato. Amministratori ciechi, poco lungimiranti,
complici se non totalmente disonesti, hanno basato le loro scelte sulla possibilità
di lasciare molto a pochi e poco a molti. Il mercato è entrato in aree che non
dovrebbero essere governate da logiche di mercato, ovvero quelle aree che
riguardano i diritti naturali e sociali di ogni individuo in un paese civile.
Il diritto alla sepoltura è un diritto naturale e sociale al tempo stesso.
Invece i politici hanno preferito fare cassa, hanno sostenuto il mercato delle
costruzioni, ricordando che esiste ciò che ha un prezzo, ma dimenticando che
esiste ciò che ha una dignità. Un vero politico dovrebbe essere formato ad una
precisa valutazione delle conseguenze.
In tutto ciò, sento di dover
manifestare anche una profonda delusione nei confronti del silenzio e
dell’immobilismo della chiesa, gruppo allargato e sensibile di prelati, sacerdoti e fedeli che dovrebbe salvaguardare quei valori oggettivi che ci
appartengono in quanto essere umani. La chiesa non c’era, la chiesa non c’è.
Nessuna interrogazione. Nessuna denuncia. Eppure il culto dei morti le
appartiene e, se spinta da ideali francescani, dovrebbe appartenerle anche il
culto del creato, inteso come ecosistema da salvaguardare. Abbiamo benedetto
edifici, non cappelle, e chi si ritrova in casa il morto sfollato nutre un
certo rancore verso chi predica che la morte è davvero uguale per tutti.
Non ho molto altro da raccontare.
Vorrei immaginare una commemorazione dei defunti diversa, tra barriere di cipressi
le cui cime sono avvolte dalla nebbia, in un’atmosfera mistica di luci votive e
croci nel terreno che si fanno compagnia l’una con l’altra, con schiere di
persone silenziose a calpestare foglie autunnali in un parco urbano dedicato a
chi non c’è più. Per l’ennesimo anno saremo soffocati da automobili e asfalti, costretti
a osservare finte pergamene marmoree dove il committente di turno si bea nell’aver
detto al mondo intero che quell’orrore di costruzione è della famiglia
vattelappesca. Con questo post ho voluto accelerare verso di voi, gazze della
peggior specie che fino all’ultimo istante vi siete cibate dei resti di poveri
ricci già stirati sull’asfalto, rappresentanti volatili di una società senza
memoria e terribilmente ingiusta.
Riposino (veramente) in pace. Così sia.
"Cielo y tierra pasaran, mas su palabra no pasarà" (Mt 24,35)
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