venerdì 15 settembre 2017

Parabola del donatore di sangue


Musica consigliata: The Ship Song, Nick Cave

In tanti anni di volontariato avisino, mi è stato spesso chiesto nelle scuole quale fosse la differenza tra un donatore periodico e un donatore occasionale. Non è facile raccontare ai bambini la posizione di AVIS in materia, non si può neanche avere la presunzione di classificare correttamente le varie situazioni di occasionalità. Ma il senso prevalente, quello si, è facile da raccontare e da confezionare in una bella storiella dei giorni nostri che colloca il valore della donazione in uno scenario attualissimo come quello dei cambiamenti climatici. Per me, per voi, per le generazioni che verranno: la parabola del donatore di sangue.

"In quel tempo caddero piogge torrenziali, così forti da mettere in allarme l’intera comunità sulle possibili esondazioni del fiume che circondava la città. Il sindaco invitò i suoi cittadini a collocare sacchi di sabbia lungo tutti gli argini, non potendo sapere con largo anticipo dove il fiume avrebbe potuto sfondare gli argini e quali quartieri avrebbe realmente allagato. I cittadini più buoni e virtuosi portarono i loro sacchi di sabbia in tutte le zone della città, i cittadini più egoisti attesero l’evolversi delle condizioni atmosferiche per posizionarli solo a protezione delle strade che interessavano le loro abitazioni.
Così sono, per certi versi, i donatori di sangue. Il donatore periodico non sa quando verrà l’emergenza e non sa a chi il suo sangue verrà trasfuso. Il suo sangue è come i sacchi di sabbia per arginare le acque alluvionali, serve a tutti, perché tutti sono il suo prossimo senza differenza di età, genere, colore della pelle o religione. Quando le acque arriveranno, l’intero paese sarà protetto. Quando gli ospedali chiameranno, l’intero paese sarà ricco di scorte e autosufficiente. Il donatore periodico è un eroe anonimo, che crede nella gratuità e nella salvezza collettiva. Il donatore di sangue occasionale, invece, è colui che mette i sacchi di sabbia solo a protezione della sua abitazione, donerà solo quando i problemi di salute riguarderanno amici o familiari, quando le acque avanzeranno minacciose verso di lui e avrà paura di perdere ciò che più gli sta a cuore".

Il NO di AVIS

"We talk about it all night long / We define our moral ground -  Parliamo di questo tutta la notte / Definiamo il nostro terreno morale". (N. Cave, The Ship Song)

© RIPRODUZIONE RISERVATA - FotoShicchi 2014

venerdì 8 settembre 2017

Il Dyrrachino


Musica consigliata: On a Cloud, Jean-Philippe Rio-Py

È la prima cappella sulla destra. Distratto, di corsa, turbato, felice, impreparato, emozionato, da oltre 35 anni ci passo accanto per andare fino in fondo, per indossare un abito bianco da piccolo chierico o per imbracciare una chitarra che stenta a raggiungere livelli accettabili in materia di musica liturgica. Ci passo accanto nei giorni d'afa, dove è più facile contare le mosche che i fedeli, ci passo accanto nei giorni di temporale, quando una luce fioca accende quel tanto di mistero e di intimo raccoglimento che basta attorno all'urna delle sue reliquie. Francesco era un uomo europeo. Ha attraversato l'Adriatico settecento anni prima della mia traversata, da Durazzo a Brindisi, probabilmente senza mai più farvi ritorno. Un fraticello albanese che sbarcava in pieno basso medioevo, settecento anni prima dei suoi fratelli disperatamente ammassati sulla nave Vlora. Un uomo europeo pronto a lasciare i Balcani per entrare nella penisola culla del monachesimo. Francesco da Durazzo è l'unico beato che probabilmente non è stato mai beatificato, un po' come quelle tate sterili che crescono figli degli altri e che finiscono per essere chiamate mamme. A dimostrazione che nella chiesa, anche se non riconosciuto, un titolo lo si può acquisire anche per merito. Il culto di Francesco, negli ultimi anni, ha registrato una graduale ripresa, merito di parroci, associazioni, studiosi (alcuni dei quali citati nelle etichette di questo post) in grado di comprendere che ogni chiesa dovrebbe valorizzare il Sanctus Loci, attraverso la liturgia, la cultura, le arti. Con Giovanna abbiamo pensato di offrire un nostro piccolo contributo alla causa immaginando anche una sua produzione culinaria, da buon cuoco qual era. Un dolce italo-albanese, la cui ricetta è inventata di sana pianta e che non ha alcuna pretesa di essere spacciata come clamorosa scoperta di un manoscritto dell'epoca. Un dolce povero, capace di valorizzare alcune produzioni agroalimentari locali come noci e fichi neri di Oria da un lato, miele e tè albanese dall'altro. Lo abbiamo preparato, lo abbiamo testato. Niente male, sicuramente migliorabile.
Esistono in ogni regione d'Italia esempi interessanti di prodotti dolciari ispirati o dedicati ai santi venerati in città, dai biscotti di San Valentino, alle zeppole di San Giuseppe, al Dolce Santantonio. Siamo proprio sicuri che vogliamo continuare a offrire nelle nostre pasticcerie il Wafel belga, i Macaron francesi o le Krapfen austriache? Di quale specialità parleranno i nostri figli o i viaggiatori una volta fuori dai confini dell'agro oritano? Il cibo, inoltre, veicola molto più dei libri informazioni, notizie storiche e miracoli (vedi le YEMAS di Santa Teresa d'Avila). Quale strumento migliore di un dolce, quindi, per diffondere il culto di un beato venerato nella parrocchia di San Francesco d'Assisi? Il marketing, cucinato bene, ha potenzialità impressionanti. La ricetta de "Il Dyrrachino" ha ispirato un racconto giallo, a sua volta collegato ad alcuni fatti tramandati nel tempo sulla vita dell'umile fraticello albanese. Domenica 10 Settembre, al Festival della Letteratura di Mantova, qualcuno parlerà di Francesco da Durazzo nella Sala degli Stemmi di Palazzo Soardi. Confidiamo nella sua benedizione per continuare a sottrarre all'oblio la figura "ti lu biatu" alimentandone devozione e conoscenza.

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"Il Dyrrachino" è tra i 10 finalisti della quindicesima edizione del premio letterario nazionale "Coop for Words" (530 opere in concorso), nella sezione "I Sapori del Mistero". Quasi ignorato dalla giuria popolare, il giudizio è stato poi ribaltato dalla giuria tecnica presieduta da Carlo Lucarelli, avendo un peso specifico maggiore (almeno così precisa il bando). Condivido con i lettori in link al racconto e la ricetta per la preparazione del dolce ideato da Giovanna.


RICETTA


Ingredienti per 6 monoporzioni - 200 g. di riso; 600 ml. di acqua; 100 g. di zucchero; 400 ml. di latte; 50 g. di amido di mais; 3 cucchiai da tavola di Caj mali (tè di montagna albanese); 6 fichi neri di Oria; 100 g. di granella di noci; Miele albanese q.b.

Preparazione - Portare ad ebollizione 600 ml. di acqua, togliere dalla fiamma e aggiungere 3 cucchiai da tavola di Caj mali (tè di montagna). Lasciare riposare per 5 minuti. Filtrare e versare il riso nel tè bollente e cuocere fino ad assorbire tutto il liquido. In una ciotola mescolare latte, zucchero e amido di mais. Aggiungere il composto al riso e far cuocere ancora 5 minuti. Infine, preferibilmente in bicchieri trasparenti, formare degli strati a piacere di riso, fichi neri di Oria, granella di noci e miele albanese. Lasciare riposare il dolce monoporzione per almeno 2 ore a una temperatura di 4-5 °C. 

"In realtà dunque Oria elevò agli onori del culto e della venerazione non un suo figlio ma un forestiero che veniva addirittura da un'altra nazione. Tanto era grande la fama di frate Franesco da Durazzo che, al pari di quello che succede a Padova quando si parla di S.Antonio si usa semplicemente dire <<il Santo>>, a Oria, <<lu biatu>> era ed è solo e soltanto il beato Francesco da Durazzo". (P.Spina)

Un grazie particolare a:

Pasquale Spina, per aver dato importanza a un frate sconosciuto ai più e per aver sostenuto quel progetto di valorizzazione del culto del Beato conclusosi con la stampa di una pubblicazione bilingue, negli anni in cui l'Albania era la Libia dei giorni nostri e il temuto straniero veniva dal Paese delle aquile.

Anna Galante,  per il suo operato in Albania e per l'amore incondizionato verso questa terra dirimpettaia. Grazie, inoltre, per aver fornito il tè e il miele albanese utilizzati nella preparazione de "Il Dyrrachino".

Don Domenico SpinaPierdamiano Mazza, per le iniziative attuate negli ultimi anni a difesa della memoria del beato e per aver fondato un coro a lui dedicato. Tibi Chorus Concinat. 

Francesco Pignatelli, per avermi fatto approdare per la prima volta a Durazzo, quando sbarcare in quel porto in un giorno di pioggia era come attraversare le strade di Calcutta in un giorno di precipitazioni monsoniche. Ricordo ancora la valigia trascinata nel fango e il fuoristrada che ci condusse non senza difficoltà nella provincia di Lezha. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA - Foto "Coppa di Dyrrachino scivolata a destra" - Ubaldo Spina 2016