giovedì 7 agosto 2014

Devi lottare per il tuo diritto di festeggiare (Venne il tempo)




Musica consigliata: (You gotta) fight for your right (to party), Coldplay cover (Live May 4, 2012)

Venne il tempo in cui suggerivo vivamente ai miei lettori di accompagnare questa lettura con una cover interessante di un brano dei Beastie Boys. Prima di scorrere le righe che seguono, è bene quindi assentarsi temporaneamente su YouTube e avviare la musica di sottofondo. Si può festeggiare mentre Gaza viene bombardata? Mentre i miei conterranei muoiono in ospedali oncologici? Mentre barconi di corpi ammassati provano a raggiungere una riva siciliana? Mentre il parlamento continua a temporeggiare su ogni timida prova di cambiamento? Mentre si buttano batterie usate nei filari di ortaggi? Mentre, mentre, mentre...No. Non festeggio. O almeno provo a essere solidale con tutti coloro che non avranno mai occasione per farlo e che, chissà, forse ai trentacinque non ci arriveranno neanche. Il mio minuto di silenzio è tutto in questa introduzione globale, mentre provo a sciogliermi e a prendere meno sul serio le catastrofi di questa contemporaneità. Quello che sento di dire, in questo giorno, è che bisogna lottare ogni giorno per il proprio diritto di festeggiare. E cos'è una giornata di festa? Se non un concentrato di attenzioni e di sorrisi o una domenica di sole con potente scampanio nell'aria? Un giorno in cui tutto il mondo sembra prendersi per mano e rallentare, o meglio ancora arrestare una corsa folle verso un futuro sempre più obeso e avvelenato. Un giorno in cui la gente smette di pensare che oltre il nulla c'è solo il niente e che la Fanta sia un'aranciata. La festa è un amico che ti chiama e che ti ribadisce che tu, nonostante tutto, stai bene, sei imbattibile in benessere. La festa è una voglia d'Europa ancora intatta. La festa, per me, è posare la testa sulle cosce della propria amata e sentire una mano accarezzarti il capo mentre scorre una conversazione intima. La festa è un istante di dolcezza. Il resto è solo aria fritta in olio di semi scaduto. E per il suo smaltimento mi batterò, sempre.

Venne il tempo in cui ero ancora capace di sentire il suono del Mediterraneo, nonostante lo schiamazzo dei lidi concesso in una logica molto singolare basata sull'annientamento della quiete del mare. Non sono stanco di vedere scorrere le lacrime, ma mi piacerebbe frequentare un corso contemporaneo per individuare l'esatta collocazione della sorgente che improvvisamente sgorga in mia presenza. A volte mi chiedo se sono rifugio per gli afflitti, ma riconosco che sentire una guancia bagnata sfiorare il mio collo provoca in me una sensazione di profonda pace e rende giustizia alla mia presenza nel mondo. Venne il tempo in cui andavi via, troppo presto, troppo tardi. Sei stata la prima donna a chiederemi di portarti con me, in quel francese limpido che solo due labbra con taglio morbido centrale sono in grado di generare. Portami con te a Bruxelles, in Europa, andiamoci insieme, lasciamo tutto! E mentre provavo a organizzare la lunga trasferta, eri già sulle colline marchigiane a inventare un nuovo presente, mentre io mi perdevo nel ricordo della tua passionalità e ci restavo beato nell'assenza più lunga di certezze che la vita mi abbia mai regalato. Venne il tempo dei baci nei parcheggi e dello srotolamento dei corpi su sabbie adriatiche, il giorno prima della presa della Bastiglia o della presa della Freccia Bianca, fate voi. Venne il tempo in cui la mia vita era ormai fuori controllo, spegnendo i principi di ogni monotonia e regalandomi incendi devastanti nella mia recente storia da adulto. Ho sempre odiato il fuoco, quelle fiamme che bruciano d'estate ettari di boschi e lasciano scheletri vegetali per la gioia dei piromani e dei costruttori abusivi, giusto qualche ramo eroico per dare riposo al corvo di turno. Ed è così che mi sentivo, in quel tempo.

Venne il tempo della confusione. Quando una donna che ti ama dice di essere confusa, o meglio quando una donna che dice di amarti è confusa, sia l'amore che la confusione sono ami gettati in un mare dove altri pesci nuotano e attendono di abboccare. Se questo concetto sull'amore è confuso, ritiro tutto oppure lo lascio in frigorifero per le sole persone intelligenti. Venne il tempo dell'oroscopo dell'Internazionale e di un attore che impersonava Peppino Impastato. Dal basso del suo palco di provincia provò a ferirmi gli occhi dicendo..."Peppino, non potrai mai vivere una vita con una persona di nome Anna! Anna è acronimo di Amore Non Ne Avremo, il fallimento della tua relazione eterna è nel suo nome". E' una cosa talmente stupida che provo a inventare una frase con sei lettere che iniziano per U, ma è pur sempre vero che io questa cosa l'ho sperimentata.

Venne il tempo delle linguette delle lattine. Secondi di vita persi a calibrare un destino facendo attenzione a farla rompere nel punto esatto in cui desideri che qualcosa accada. Il tempo delle rivoluzioni negli uffici che hai frequentato per anni, del cambio ai vertici, dei corsi su come montare in groppa alle responsabilità, come se questa vita le avesse finora sapientemente schivate in un arguto rincorrersi tra siepi basse nel bel mezzo di un nascondino serale. E' da una vita che mi sento responsabile di qualcosa, anche delle cose che mi sfiorano lontanamente ad anni luce di distanza. Che bello il concetto di anno luce, penso...Il tempo in cui chi doveva darti una direzione è ora chiamato a darla a se stesso, mentre in un angolo del tuo cammino sei già pronto a spolverare un po' di talco sui piedi in attesa delle ennesime salite autunnali. La professionalità è anche l'accettazione delle sfide, delle progressioni e delle regressioni di carriera, è anche la richiesta ultima di allontanamento di un calice in un orto molto più grande di te. "Venga il tuo regno e venga pure Babbo Natale..."

Venne il tempo della compagnia, il tempo in cui esortavo me stesso a raddoppiare i livelli di conversazione e di socievolezza umana, che, come ben sapeva il Mefistofele goethiano, sono la condizione in cui ognuno trova realmente se stesso. Basta amare la solitudine, falso segno di profondità e di elezione spirituale, scrive Claudio Magris.

Venne il tempo della riflessione. Delle notti su Skype a parlare di parenti marinai, di salme da vestire, del concetto di adorabilità, della sveglia con vista sul mare, delle creme australiane, dei frutti del platano. Di come organizzare una corsa campestre che ci porti per logiche insiegabili a vivere nella capitale del Belgio, in uno stabilimento tedesco a progettare cappe, a tornare nella nostra Puglia. Il tempo di una vita legata provvisoriamente a un'Elica, pronta a tagliarti in un trionfo di splatter o a farti volare angelicamente verso la tranquillità del sentirsi finalmente coppia. Vorrei bussare ogni giorno alla tua porta, se solo sapessi dove farai abitare il tuo cuore.

Un blog è solo un piccolo barattolo di vetro trasparente che contiene pensieri compressi come pile di fichi secchi. Sapere che un giorno potrai attingerne liberamente mi riempie di gioia.

Venne quindi il mio tempo. Non sono mai stato così giovane.

...

“Dimentica la sofferenza che hai causato agli altri. / Dimentica la sofferenza che gli altri hanno causato a te”. Questi versi sono tratti dalla poesia Dimentica, di Czesław Miłosz. Secondo la mia lettura dei presagi astrali, sarebbe un ottimo momento per liberarti delle vecchie ferite, sia di quelle che hai inflitto sia di quelle che hai dovuto subire. Occasioni come questa non si presentano spesso, Leone. Ti invito a pagare i tuoi debiti emotivi, a dichiarare l’amnistia, e abbandonarti a un’orgia di perdono. Ti viene in mente qualche altra cosa per fare tabula rasa e ricominciare da capo?

(da "L’oroscopo di Rob Brezsny" del 26 Giugno 2014 per il segno del Leone)

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